Pubblicato in: Banche Centrali, Devoluzione socialismo, Unione Europea

Blocco Europeo. Prezzi alla produzione, PPI, +21.9% anno su anno. Europa kaputt. – Eurostat.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-12-20.

2021-12-20__ Eurostat PPI 001

L’indice dei prezzi alla produzione (Producer Price Index, PPI) è un indicatore inflazionistico che misura il cambiamento medio dei prezzi di vendita praticati dai produttori nazionali di beni e servizi, dai grossisti agli altri grossisti.

Il PPI misura il cambiamento del prezzo dal punto di vista del Venditore.

Usualmente, le variazioni del PPI si ripercuotono dopo qualche mese sui prezzi al consumo, che risultano essere incrementati di un fattore variante tra il due ed il tre, a seconda dei costi di distribuzione.

2021-12-20__ Eurostat PPI 002

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                         In sintesi.

– In October 2021, compared with October 2020, industrial producer prices increased by 21.9% in the euro area and by 21.7% in the EU

– Industrial producer prices …. increased by 62.5% in the energy sector

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I problemi non risolti quando erano ancora piccoli e risolvibili, lasciati lì a marcire alla fine diventano venefici.

Nel blocco europeo un PPI al 21.9% è il certificato della morte del sistema economico.

Una inflazione di tale livello suggella la morte del sistema economico.

Infine, senza energia a costi accettabili i sistemi economici muoiono.

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Eurostat. October 2021 comared with September. Industrial producer prices up by 5.4% in the euro area and by 5.0% in the EU. Up by 21.9% in the euro area and by 21.7% in the EU compared with October 2020.

In October 2021, industrial producer prices rose by 5.4% in the euro area and by 5.0% in the EU, compared with September 2021, according to estimates from Eurostat, the statistical office of the European Union. In September 2021, prices increased by 2.8% in the euro area and by 2.7% in the EU.

In October 2021, compared with October 2020, industrial producer prices increased by 21.9% in the euro area and by 21.7% in the EU.

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                         Monthly comparison by main industrial grouping and by Member State

Industrial producer prices in the euro area in October 2021, compared with September 2021, increased by 16.8% in the energy sector, by 1.4% for intermediate goods, by 0.5% for durable and for non-durable consumer goods and by 0.4% for capital goods. Prices in total industry excluding energy increased by 0.8%.

In the EU, industrial producer prices increased by 14.9% in the energy sector, by 1.4% for intermediate goods, by 0.6% for capital goods and for non-durable consumer goods and by 0.5% for durable consumer goods. Prices in total industry excluding energy increased by 0.9%.

The highest monthly increases in industrial producer prices were recorded in Belgium (+11.2%), Italy (+9.4%) and Romania (+8.6%), while the only decreases were observed in Estonia (-2.1%), Luxembourg (-0.3%) and Sweden (-0.2%).

                         Annual comparison by main industrial grouping and by Member State

Industrial producer prices in the euro area in October 2021, compared with October 2020, increased by 62.5% in the energy sector, by 16.8% for intermediate goods, by 4.2% for durable consumer goods, by 3.9% for capital goods and by 3.4% for non-durable consumer goods. Prices in total industry excluding energy increased by 8.9%.

In the EU, industrial producer prices increased by 59.8% in the energy sector, by 17.1% for intermediate goods, by 4.6% for durable consumer goods, by 4.1% for capital goods and by 3.6% for non-durable consumer goods. Prices in total industry excluding energy increased by 9.2%.

The industrial producer prices increased in all Member States, with the highest yearly increases being registered in Ireland (+89.9%), Denmark (+39.8%) and Belgium (+34.5%).

Pubblicato in: Devoluzione socialismo

Italia. Ridi ridi che la mamma ha fatto i gnocchi. Prima stangata da 922€ per famiglia.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-11-21.

Cigno Nero con Pulcino 001

«Ecco le conseguenze per la crescita dell’inflazione»

«Il Codacons lancia l’allarme sulle conseguenze per le tasche degli italiani»

«Volano i costi dei beni energetici, che dal +20,2% di settembre salgono al 24,9%»

«una pesante stangata pari a +922 euro su base annua per la famiglia tipo»

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Mettiamoci subito l’animo in pace.

Questa non sarà una stangata: sarà solo la prima di una lunga serie, che porterà gli italiani alla miseria.

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Arriva una stangata da 922 euro per famiglia.

Ecco le conseguenze per la crescita dell’inflazione. L’Istat: +3% su base annua. Il Codacons lancia l’allarme sulle conseguenze per le tasche degli italiani.

L’inflazione continua a crescere: stando ai dati trasmessi dall’Istat nella relazione di ottobre, si è arrivati fino al +3% su base annua. L’ultima variazione negativa si era registrata nel dicembre del 2020: da quel momento si è verificata una costante risalita, giunta ora a livelli che non si vedevano almeno da settembre 2012, quando si toccò il +3,2%.

Volano i costi dei beni energetici, che dal +20,2% di settembre salgono al 24,9%. Non va meglio al prezzo dei servizi relativi ai trasporti (dal +2,0% si arriva al +2,4%). Al netto degli energetici e degli alimentari freschi, Istat comunica che l’inflazione di fondo s’incrementa dal +1,0% al +1,1%, mentre quella relativa al netto dei soli beni energetici si mantiene stabile al + 1,1%.

L’aumento congiunturale, secondo l’Ente di ricerca, sarebbe dovuto più alla crescita del costo dei beni energetici regolamentati (+17%) che a quella degli energetici non regolamentati (+1,0%) o degli alimentari non lavorati (+0,7%).
Diminuiscono i costi dei servizi relativi ai trasporti (-0,7%) e quelli dei servizi ricreativi, culturali e legati alla cura della persona (-0,3%): ciò, almeno secondo l’Istat, sarebbe dovuto più che altro a fattori stagionali. Si registra, per contro, un lieve incremento su base annua dei prezzi specifici dei beni (dal +3,6% fino al +4,2%), mentre il livello di crescita di quelli dei servizi si mantiene al +1,3%.

La prima conseguenza è l’aumento del costo dei beni alimentari e di quelli per la cura della persona e della casa (da +0,9% a +1,0%), nonché di quello dei prodotti ad alta frequenza di acquisto (da +2.6% a +3,1%).

Il Codacons lancia l’allarme prezzi, segnalando livelli mai toccati da 9 anni a questa parte: ciò si tradurrebbe in «una pesante stangata pari a +922 euro su base annua per la famiglia tipo».

Pubblicato in: Devoluzione socialismo, Stati Uniti

Biden alle corde e democratici terrorizzati da midterm. Quel giorno, quasi tutti a casa.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-11-05.

2021-11-05__ Biden, una presidenza già alle corde 001

Usa. Oct21. ADP® National Employment Report. +571.000 stipendiati.

Virginia. Analisi di un Elettorato mutato, contagioso per tutta la America. Midterm è vicino.

Biden a Cop26. ‘We’re still falling short’ on climate.

COP26 aims to banish coal. Asia is building hundreds of power plants to burn it.

G20. Prima giornata. Una altra disastrosa débâcle dei liberal. Contano quasi nulla.

Biden. Si dichiara impotente contro la inflazione. I Cittadini se la tengano.

Usa. Sept21. PPI, Indice dei Prezzi di Produzione +8.6% anno su anno. Mai così alto dal 1975.

Usa. Settembre21. Nonfarm Payroll crollati a 194,000. Economisti ne prevedevano 500,000.

Biden ed il bacon aumentato del 17%, le bistecche del 16.6% anno su anno.

Usa. Settembre21. Le vendite di automobili crollano del -25%.

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Biden, una presidenza già alle corde.

La sconfitta del governatore democratico in una Virginia dove, solo un anno fa, il presidente democratico vinse con dieci punti di scarto la sfida con Donald Trump è il segnale della crisi dell’inquilino Casa Bianca.

Dopo il disastro afghano e il blocco al Congresso delle riforme ambientali, economiche e sociali, rischia di ritrovarsi definitivamente paralizzato dal voto di “mid-term” del novembre 2022, quando Camera e Senato rischiano tornare nelle mani del Gop.

Chi dorme non piglia voti. Il risveglio di Sleepy Joe, Joe l’addormentato, come lo chiamava Donald Trump, è stato a dir poco brusco. Rientrato alla Casa Bianca dopo i sonnellini del Cop26 di Glasgow, il presidente statunitense deve vedersela con il disastro della Virginia, dove Terry McAuliffe, il governatore democratico uscente, è stato messo alle corde dal candidato repubblicano Glenn Youngkin. Il risultato va ben al di là del margine di soli 80mila voti conquistato dal candidato repubblicano.

Solo un anno fa, in Virginia, Biden superò il rivale di almeno dieci punti, grazie alla massiccia affluenza alle urne degli elettori di colore e dei giovani. Dunque il 50,7 per cento conquistato da Youngkin, a fronte del 48,6% del suo rivale, è il frutto di un ribaltamento impressionante. Un ribaltamento derivato non solo dal ritorno all’astensionismo di un elettorato giovane o di colore, non più elettrizzato dalla battaglia anti-Trump, ma anche dalla capacità repubblicana di tirar dalla propria parte gli “indipendenti”, ovvero quella parte dell’elettorato non schierata aprioristicamente con repubblicani o democratici.

Molto di questo merito va sicuramente a Youngkin, capace di conquistare i voti dei piccoli centri sub-urbani, epicentro, nel novembre 2020, della sconfitta di Trump. Ma la sconfitta democratica non è determinata soltanto da fattori locali. Da oltre due mesi il gradimento di Joe Biden è in caduta libera. Il 42% di consensi, dopo appena nove mesi di presidenza, è uno dei risultati più devastanti degli ultimi 75 anni.

Per molti analisti, quel tonfo si spiega anche con il voltafaccia dei cosiddetti elettori “indipendentisti”. Un voltafaccia generato dallo sdegno per il disastroso ritiro afghano, dalla delusione per il mancato contenimento della pandemia, dalla rabbia per le fallimentari politiche migratorie e dalle preoccupazioni per l’inflazione generata dal rialzo di tutti i prezzi dei generi di prima necessità. Il tutto a fronte dell’inettitudine di un presidente incapace non solo di ricomporre le lacerazioni del paese, ma anche quelle di un partito democratico paralizzato dalle lotte interne e incapace di trovare un’intesa per l’approvazione del piano da 1.750 miliardi, cuore del programma presidenziale per il rilancio economico, la transizione energetica e le riforme sociali.

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La Virginia è, insomma, solo la punta d’iceberg degli insuccessi inanellati dalla Casa Bianca. Un iceberg con cui dovrà fare i conti, in vista del voto di “mid term” del novembre 2022, tutta la maggioranza democratica del Congresso. L’insoddisfazione degli “indipendenti” pronti ad abbandonare Biden su scala nazionale rischia, infatti, di riproporre il ribaltone del 2010, quando i repubblicani strapparono a Obama il controllo di Camera e Senato.

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Quella volta, le politiche di rilancio economico adottate per uscire dalla crisi finanziaria del 2007 permisero a Obama di salvare la presidenza. Ma Biden, ad oggi, non può attribuirsi alcun successo, al di là di una sconfitta di Donald Trump garantita da un’affluenza elettorale che ben difficilmente si ripeterà. Persino la lotta alla pandemia, vera bandiera dei suoi primi cento giorni, quando rispettò la promessa di vaccinare cento milioni di americani, si è bruscamente arenata.

Mentre la percentuale della popolazione completamente vaccinata resta inferiore al 57 per cento, il numero dei contagiati e dei morti ha ripreso a salire, trasmettendo la sensazione di un’uscita dal tunnel ancora lontana. Agli insuccessi di Biden si aggiunge lo scetticismo nei confronti di un partito democratico paralizzato dai veti e dai pregiudizi ideologici delle correnti più radicali. Quei veti e quei pregiudizi, oltre a bloccare il finanziamento delle riforme economiche e sociali proposte dalla Casa Bianca, hanno giocato un ruolo non indifferente nella sconfitta del governatore uscente della Virginia.

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Prigioniero degli stereotipi che l’hanno portato a paragonare l’avversario ad una controfigura di Trump, censurare le politiche anti abortiste del Texas e usare l’attacco al Congresso per definire i repubblicani nemici alla democrazia, McAuliffe ha finito con il pronunciare una frase diventata il suo suicidio politico. “Non penso – ha detto in un dibattito con l’avversario – che i genitori debbano suggerire alle scuole quel che devono insegnare”.

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Alle orecchie di molti elettori moderati quella frase è suonata come un aperto sostegno alle tesi dei liberal più radicali, schierati con gli insegnanti decisi a diffondere nelle scuole pubbliche le tesi della cosiddetta “teoria critica della razza”. La dottrina, diffusasi in parallelo con le tesi del revisionismo storico, raffigura il razzismo come un costrutto sociale frutto non solo di prevenzioni o pregiudizi individuali, ma di sistemi legali politici, costruiti ad uso e consumo dei bianchi. Una teoria abbracciata, al pari di quelle sul genere e sulla fluidità sessuale, da molti insegnanti, pronti a ignorare l’opposizione dei genitori pur di spiegare agli alunni l’ingiustizia del sistema legislativo e giudiziario costruito dai bianchi. Tesi che hanno trasformato la corsa di McAuliffe in un naufragio e minacciano – da qui al “mid-term” – di restituire l’America ai Repubblicani.

Pubblicato in: Agricoltura, Devoluzione socialismo, Economia e Produzione Industriale

Italia. Oct21. Prezzi medi all’ingrosso di Sardine ed Acciughe. Cibo solo per Faraoni ricchi.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-10-29.

2021-10-28__ Sardine ed Acciughe 001

Come si constata, anno su anno all’ingrosso le sardine sono aumentate del 100%, e le acciughe del 70%.

Si tenga presente come questi prezzi all’ingrosso si trasferiscano poi a quelli al consumo con un fattore moltiplicativo variabile da tre a cinque, a seconda della distribuzione al dettaglio. Il trasferimento spesso non è immediato.

Questa è inflazione bella e buona, ma Istat non considera sardine ed acciughe nel paniere con cui valuta la inflazione al consumo. I burocrati non vanno a fare la spesa.

Oramai sardine ed acciughe sono diventate cibo da Faraoni, e solo quelli ricchi.

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Italia. Sept21. Prezzi medi all’ingrosso al caseificio dei formaggi.

Italia. Ott21. Gamberi rosa. Listino Prezzi Ingrosso. Prezzi stellari.

Italia. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Listino prezzi. La fame si avvicina.

Italia. Settembre21. Prezzi medi degli ortaggi all’origine. Roba da straricchi.

Italia. Sept21. Olio di oliva. Listino costi produzione. – Inflazione.

Mondo. Grano duro. Produzione dimezzata e costi cresciuti del 74% anno su anno.

Pubblicato in: Agricoltura, Devoluzione socialismo

Italia. Dacci oggi il nostro pane quotidiano. Listino prezzi. La fame si avvicina.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-10-21.

2021-10-19__Pane 001

Togliamoci immediatamente dalla testa alcune idee davvero bislacche, del tutto illogiche.

Avere da magiare non è per nulla un ‘diritto fondamentale ed inalienabile’. Tale ‘diritto’ semplicemente non esiste.

Chi voglia mangiare deve comprare il cibo, arrancando i soldi di sua tasca. Il panettiere non regala nulla a nessuno, così come il macellaio e tutti gli altri venditori.

La massaia che va a fare la spesa vive felicemente ignorando cosa siano PPI, CPI, CED e così via, tutti indici che preludono però ad un aumento dei prezzi. Ma tocca con mano gli aumenti del cibo.

Quello riportato in Tabella è il listino prezzi medi del pane. Come si constata, ben difficilmente si potrebbe trovare del pane a meno di quattro euro al kilo.

Un anno fa questi prezzi erano circa la metà.

I prezzi attuali sono determinati dagli aumenti dei prezzi della farina e degli altri ingredienti, della corrente elettrica, delle tasse. Ed anche con questi prezzi l’utile netto che resta ai panettieri è risicato. Molti hanno dovuto chiudere. Ma l’inettitudine di codesto governo è elemento non da poco.

Ma un poveraccio che guadagnasse 1,200 euro al mese, già un buon stipendio, e che decidesse di mangiare soltanto un kilo di pane al giorno, spenderebbe 120 euro al mese per il scarno desinare. Se poi volesse intingerlo nel latte, la spesa si raddoppierebbe.

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L’inflazione è una gran brutta bestia: se poi associasse a stasi produttiva, ossia la stagflazione, diventa una delle peggiori iatture possibili.

Ha però alcuni aspetti utili.

Presi nel gorgo dell’inflazione, i Cittadini finalmente si rendono conto della reale situazione del sistema economico.

Non solo.

L’inflazione è democratica. La pagano tutti, nessuno escluso. Anche gli illicenziabili ed inamovibili dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Molti coniugi ci penseranno sopra più volte prima di separarsi, se non altro per gli evidenti danni economici.

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In ogni caso, ci si metta l’animo in pace. Siamo solo agli inizi, ed il futuro si preannuncia essere tetro. Weimar è alle porte.

Pubblicato in: Agricoltura, Devoluzione socialismo

Italia. Settembre21. Prezzi medi degli ortaggi all’origine. Roba da straricchi.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-10-20.

2021-10-18__ Ortaggi 001

Questi riportati in Tabella sono i prezzi medi mensili di settembre 2021 corrisposti dai grossisti ai coltivatori, per i più comuni ortaggi acquistati.

Come si constata, i prezzi alla produzione nel volgere di un anno sono incrementati in modo consistente, con punte del 63.4% per le cipolle tonde bianche.

Questi aumenti alla produzione si riverbereranno immancabilmente sui prezzi praticati dai negozi di ortofrutticoli al dettaglio. Le massaie ne faranno esperienza. Fare la spesa sarà sempre più oneroso.

In altri tempi, un fenomeno del genere sarebbe stato chiamato inflazione.

Pubblicato in: Agricoltura, Devoluzione socialismo

Italia. Sept21. Olio di oliva. Listino costi produzione. – Inflazione.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-10-19.

2021-10-19__ Olio Oliva 001

Nella Tabella sono riportati i prezzi medi all’origine delle varie tipologie dell’olio di oliva per il mese di settembre 2021.

Gli aumenti anno su anno sono consistenti, con un picco per l’olio lampante, che evidenzia un +59.5%.

Si tenga presente che alla fine questi aumenti si riverberano sul consumatore finale, con un fattore moltiplicativo che varia da cinque a dieci.

Questa è inflazione bella e buona, e siamo solo agli inizi.

Ci si domanda come possano essere in commercio bottiglie di sedicente olio di oliva a meno di otto euro l’una.

Pubblicato in: Devoluzione socialismo

Italia. Stipendio medio netto è di 21,462.62 euro l’anno.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-09-30.

2021-09-20__ Italia Stipendi 001

«Se esaminiamo il caso tipico di un dipendente single senza figli questo arriva a 21.462,62 euro dopo avere sottratto le tasse e i contributi»

«Si tratta di 1.533 euro al mese con 14 mensilità»

«La media europea nello stesso anno è invece di 24.004,90 euro»

«I giovani guadagnano decisamente meno dei 50enni, 11.456 euro lordi se maschi e 8.063 se femmine tra i 20 e i 24 anni.»

«Per esempio uno pubblico genera salari e redditi decisamente maggiori»

«→→ Secondo l’Inps quello dei dipendenti statali arriva a 33.500 lordi annui, quello dei dipendenti privati a 23 mila, molto meno ←←»

Si perpetua l’enorme ingiustizia dei trattamenti dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

Costoro, che godono di un posto inamovibile e di stipendi molto maggiori a quelli delle produzione, nulla hanno pagato alla crisi, che è gravata unicamente sulle spalle degli altri. Questa è una situazione parassitaria.

Da molti punti di vista, l’inflazione è molto più equa, perché la subiscono anche i dipendenti delle pubbliche amministrazioni.

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Lo stipendio medio in Italia è di 21.462,62 euro l’anno.

Qual è lo stipendio medio in Italia? Per prima cosa si deve dire che gli italiani che lavorano guadagnano meno di gran parte degli altri cittadini europei. Questo è il primo dato che spicca dall’analisi dei numeri che Eurostat fornisce sullo stipendio medio netto in Italia e negli altri Paesi. Se esaminiamo il caso tipico di un dipendente single senza figli questo arriva a 21.462,62 euro dopo avere sottratto le tasse e i contributi. Si tratta di 1.533 euro al mese con 14 mensilità.

                         Lo stipendio medio in Italia nel 2020

I dati che abbiamo citato sono aggiornati al 2020, l’anno della pandemia. Si nota, quindi, una riduzione di circa 90 euro rispetto al 2019, evidentemente a causa della crisi economica legata al Covid.                . Il gap si è allargato nel tempo. Basti pensare che nel 2013, il primo anno di cui si hanno i dati medi europei, la differenza era di 550 euro, molto inferiore a quella attuale di 2.542.

                         Lo stipendio medio in Europa

I più ricchi sono i cittadini di tre Paesi che della Ue tra l’altro neanche fanno parte, ovvero gli svizzeri, con 67.658,78 euro all’anno, ovvero più del triplo che in Italia, gli islandesi e i norvegesi, che guadagnano più di 40 mila euro netti, come del resto anche i lussemburghesi e gli americani. Naturalmente vi è da considerare come negli Usa e in Svizzera vi siano spesso spese aggiuntive, come quelle per la sanità privata, ma il divario rimane comunque imponente. Lo stipendio medio netto dei tedeschi era invece di 31.830,70 all’anno nel 2020, e a differenza che nel nostro Paese non era diminuito rispetto al 2019. Ma se il confronto è invece con il 2000 emerge come sia cresciuto di ben 12.300 euro, mentre in Italia nello stesso lasso di tempo è aumentato solo di 6.170. 

                         Lo stipendio medio italiano a confronto con gli altri Paesi

In Francia invece il salario medio netto era lo stesso anno di 27.767,99 euro, mentre in Spagna era di poco inferiore a quello italiano, di 21.241,30. I più poveri, almeno tra i popoli dell’Unione Europea, sono i bulgari, che arrivavano nel 2020 appena a 6.385,89 euro. Sotto i 10 mila erano anche rumeni, lettoni, ungheresi, croati. In questo caso però sono stati più ampi i progressi degli ultimi 10 anni. Basti pensare che nel 2008 in Bulgaria il salario netto era solo di 2.605,88 euro, vuol dire che in 12 anni vi è stato più che un raddoppio. 

Al contrario di quanto è avvenuto in Grecia, che costituisce in questo ambito il caso più negativo. Da un livello di 18.567,36 nel 2010, di poco inferiore a quello italiano ed europeo, lo stipendio medio dei lavoratori ellenici è diminuito a 15.762,85 nel 2020. Qui non c’è stata semplicemente una crescita lenta, come in Italia, o in Portogallo e in Spagna, a causa della crisi dell’euro e poi di quella pandemica, ma proprio un taglio dei salari in seguito alle manovre di austerità che sono state messe in atto dal governo del Paese su “suggerimento” della troika.

                         Lo stipendio medio in Italia per categoria

Naturalmente questi numeri, essendo delle medie, nascondono disuguaglianze che perlomeno nel caso dell’Italia possono essere anche piuttosto ampie. Tra le più rilevanti quelle tra le fasce di età e tra uomini e donne. È l’Inps a informarci di come cambia lo stipendio medio degli italiani in base a questi fattori.

Il dato che viene fornito nello specifico è quello del reddito lordo del 2019, quindi prima di avere detratto tasse e contributi, ed emergono come i più ricchi i lavoratori uomini tra i 55 e i 59 anni. In questo caso si raggiungono i 31.923 euro. Nel conto sono inclusi in tal caso anche gli autonomi, che mediamente dichiarano meno dei dipendenti. I redditi scendono a poco più di 30 mila tra i 60 e i 64 anni e a 22.514 nel caso degli over 65, sempre uomini, tra cui solitamente rimangono in attività soprattutto i lavoratori indipendenti.

                         Gli stipendi medi in Italia per età

I giovani guadagnano decisamente meno dei 50enni, 11.456 euro lordi se maschi e 8.063 se femmine tra i 20 e i 24 anni. Tra questi vi sono certamente molti stage, tirocini, e lavori temporanei di poche ore o stagionali. Si sale rispettivamente a 16.968 e 13.414 nel caso dei 25-29enni, e a 21.159 e 15.981 in quello dei 30-34enni. Si nota come cresce il gap tra i generi, che diventa in questo caso di più di 5mila euro e aumenta fino a 7.400 nella fascia più “ricca”, quella dei 55-59enni. Oltre alla presenza di vere e proprie discriminazioni conta in questo differenziale anche la maggiore percentuale di lavoratori che sono occupati part time tra le donne, oltre che alla più decisa presenza femminile in alcuni settori che hanno strutturalmente salari inferiori.

                         Il calcolo della stipendio netto categoria per categoria

Ma è interessante anche vedere quali sono le categorie nelle quali i salari sono cresciuti di più negli anni e in quali hanno resistito alla bufera della pandemia di Covid nell’ultimo anno e mezzo. Prendendo come punto di riferimento il 2015 è evidente come, considerando i comparti in cui si contano molti dipendenti (in questo caso non sono contati gli autonomi), siano stati i lavoratori del settore finanziario e assicurativo quelli che hanno potuto incrementare di più le entrate nel periodo tra quell’anno e il primo trimestre 2021, il più recente per cui abbiamo dei numeri. L’aumento è stato del 7,5%. Più rilevante sarebbe quello del settore dell’estrazione di cave e minerali, in cui l’incremento è stato del 12,1%, e ancora di quello delle attività artistiche, sportive, di intrattenimento, ma si tratta di nicchie di mercato in cui sono inclusi pochi addetti in realtà.

In discreto aumento in questi 5 anni o poco più anche gli stipendi medi dei lavoratori della sanità e dell’istruzione. Gran parte di essi d’altronde sono nel settore pubblico, che ha seguito dinamiche diverse da quelle di mercato. Meno positive le dinamiche salariali in altri ambiti, come quello della fornitura di energia, in cui vi è stato dal 2015 un incremento solo dello 0,6%, mentre in quello riguardante trasporto e magazzinaggio la crescita è stata dell’1,7%, e nelle attività immobiliari del 2%.

                         La retribuzione media nel settore pubblico in Italia

Tra gli altri fattori che fanno la differenza nella determinazione dello stipendio medio, oltre al comparto, all’età e al genere vi è naturalmente anche il tipo di contratto. Per esempio uno pubblico genera salari e redditi decisamente maggiori. Secondo l’Inps quello dei dipendenti statali arriva a 33.500 lordi annui, quello dei dipendenti privati a 23 mila, molto meno. In mezzo vi sono i parasubordinati, come i co.co.co, che arrivano a 28.700, ma sono relativamente pochi, meno di un milione, contro i quasi 3,5 milioni di lavoratori del settore pubblico e i più di 15 milioni di quello privato. In fondo, con poco più di 7 mila euro all’anno, vi sono gli operai agricoli e i lavoratori domestici, tra cui del resto sia la stagionalità che il lavoro nero hanno il loro peso.

                         Il salario medio in Italia senza salario minimo universale

Un dettagli importantissimo per comprendere fino in fondo i dati riguarda il salario minimo orario, cioè la retribuzione sotto la quale la retribuzione è illegale. Esiste, è vero, in tutti gli Stati europei, ma con una distinzione fondamentale. In molti, anzi, moltissimi, il salario minimo è universale, cioè fissato per legge per tutti i lavoratori. In altri è settoriale, cioè vale solo per coloro che sono “coperti” da un contratto di lavoro. L’Italia fa parte di questo secondo gruppo di Paesi perché non c’è mai stata una legge che imponesse il salario minimo universale. Questo potrebbe essere uno dei motivi per i quali i salari medi italiani sono più bassi di quelli degli altri Paesi: da noi una larga fetta di lavoratori non è coperta da un contratto di lavoro e, quindi, può essere pagata meno.

Pubblicato in: Devoluzione socialismo

COP26, ‘Glasgow climate summit’ si preannuncia essere un fiasco memorabile

Giuseppe Sandro Mela.

2021-09-22.

«The 2021 United Nations Climate Change Conference, also known as COP26, is the 26th United Nations Climate Change conference. It is scheduled to be held in the city of Glasgow, Scotland between 31 October and 12 November 2021, under the presidency of the United Kingdom. The conference is set to incorporate the 26th Conference of the Parties (COP) to the United Nations Framework Convention on Climate Change (UNFCCC), the 16th meeting of the parties to the Kyoto Protocol (CMP16), and the third meeting of the parties to the Paris Agreement (CMA3).» [Fonte]

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Materie prime. Ancora prezzi in salita. Carbone +120.31 percento.

Usa. Agosto21. CPI, Consumer Price Index, 5.3%. Indice energetici +25%.

Usa. Agosto21. PPI, Producer Price Index, è salito a 8.3 percento.

Usa. Fed ha di fatto perso il controllo di economia ed inflazione, come negli anni ’70.

Blocco Europeo. 2021Q2. Pil -2.5%, occupati -2.1 milioni, comparati con 2019Q4.

Blocco europeo. Prezzi degli energetici fuori controllo. Stagflazione in casa.

Asia. Trend energetici. Il carbone domina nella produzione di corrente elettrica.

USA, Gran Britannia ed Australia. Accordo per dotarla di sottomarini atomici. Ira di Europa e Cina.

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I paesi dell’enclave liberal socialista, Unione Europea ed America, la credenza dei quali nel ‘clima’ è elemento del loro credo liberal, sono in stagflazione, ossia inflazione unita a stagnazione economica.

Le loro banche centrali sono impotenti nel governo di questa situazione, anche perché l’inflazione è in buona parte importata a seguito dei rincari delle materie prime ed il sistema produttivo è caricato di tasse per finanziare il green.

Poi, l’enclave liberal è una quota secondaria nel sistema economico mondiale.

In questa situazione, non sussistono le risorse per una azione sul ‘clima’, sempre poi che esso esista.

«United Nations chief Antonio Guterres said a critical meeting on climate change later this year in Scotland is at risk of failure due to mistrust between developed and developing countries and a lack of ambitious goals among some emerging economies»

«The U.N. COP26 conference in Glasgow aims to wring much more ambitious climate action and the money to go with it from participants around the globe»

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Lo U.N. COP26 conference di Glasgow si preannuncia essere un flop colossale.

La stagflazione si è dimostrata essere una ottima medicina per curare il delirio del ‘clima’.

E siamo solo agli inizi.

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Glasgow climate summit at risk of failure, U.N. chief warns.

United Nations, Sept 16 (Reuters) – United Nations chief Antonio Guterres said a critical meeting on climate change later this year in Scotland is at risk of failure due to mistrust between developed and developing countries and a lack of ambitious goals among some emerging economies.

The U.N. COP26 conference in Glasgow aims to wring much more ambitious climate action and the money to go with it from participants around the globe. Scientists said last month that global warming is dangerously close to spiralling out of control.

“I believe that we are at risk of not having a success in COP26,” Guterres told Reuters in an interview at U.N. headquarters in New York on Wednesday. “There is still a level of mistrust, between north and south, developed and developing countries, that needs to be overcome.”

“We are on the verge of the abyss and when you are on the verge of the abyss, you need to be very careful about what the next step is. And the next step is COP26 in Glasgow,” he said.

Guterres and Britain’s Prime Minister Boris Johnson will on Monday host a meeting of world leaders on the sidelines of the annual high-level week of the U.N. General Assembly in a bid to build the chances of success at the climate conference, being held from Oct. 31 to Nov. 12.

“My objective and the reason why we are convening a meeting on Monday is exactly to build trust, to allow for everybody to understand that we all need to do more,” Guterres said.

“We need the developed countries to do more, namely in relation to the support to developing countries. And we need some emerging economies to go an extra mile and be more ambitious in the reduction of air emissions,” he said.

Monday’s meeting, which will be both virtual and in-person, will be closed to allow for “frank and open discussions” on how to deliver success in Glasgow, said a senior U.N. official, speaking on condition of anonymity.

                         U.S., CHINA NEED TO ‘DO THEIR PART’

The world remains behind in its battle to cut carbon emissions and the pace of climate change has not been slowed by the global COVID-19 pandemic , the World Meteorological Organization said on Thursday.  

Scientists said last month that unless big action is taken to cut emissions, the average global temperature is likely to hit or cross the 1.5-degree Celsius (2.7-degrees Fahrenheit) warming threshold within 20 years.  

“Until now, I have not seen enough commitment of developed countries to support developing countries … and to give a meaningful share of that support to the needs of adaptation,” said Guterres.

Developing countries tend to be the most vulnerable to costly climate impacts, and the least resourced to deal with them. For years, they have been struggling to secure the funds to help them prepare for climate disruptions that rich nations pledged in 2009 to ramp up to $100 billion annually.

So far, the money that has arrived has focused on emissions reduction rather than adaptation. Of the $78.9 billion in climate finance transferred by rich countries in 2018, only 21% was spent on adaptation, OECD data shows.

When asked whether companies that develop carbon capture technology should have to issue patent waivers so those advances can be shared, Guterres said: “Any development in that area should be a global public good and should be made available to all countries in the world.”

But he noted: “We have not yet seen results that confirm those technologies will be a key element to solve the problem.”

Guterres played down the impact that the increasingly rancorous relationship between China and the United States – the world’s two biggest emitters of greenhouse gases – will have on their cooperation on climate change. read mor  

“They are a multilateral issue,” said Guterres. “So my appeal to both the United States and China is for each of them to do their part.”

Pubblicato in: Banche Centrali, Devoluzione socialismo, Unione Europea

Eurostat. Agosto21. Inflazione annualizzata 3.2% nel blocco europeo.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-09-20.

Immagine.png2021-09-20__ Eurostat 001

Eurostat ha rilasciato il Report Annual inflation up to 3.0% in the euro area.

August 2021

Annual inflation up to 3.0% in the euro area. Up to 3.2% in the EU .

The euro area annual inflation rate was 3.0% in August 2021, up from 2.2% in July. A year earlier, the rate was -0.2%. European Union annual inflation was 3.2% in August 2021, up from 2.5% in July. A year earlier, the rate was 0.4%. These figures are published by Eurostat, the statistical office of the European Union.

The lowest annual rates were registered in Malta (0.4%), Greece (1.2%) and Portugal (1.3%). The highest annual rates were recorded in Estonia, Lithuania and Poland (all 5.0%). Compared with July, annual inflation remained stable in one Member State and rose in twenty-six.

In August, the highest contribution to the annual euro area inflation rate came from energy (+1.44 percentage points, pp), followed by non-energy industrial goods (+0.65 pp) and food, alcohol & tobacco and services (both +0.43 pp).

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Come si constata dalla Tabella sottostante, il settore energetico rende ragione di una inflazione del 15.4%. Però, sia privati cittadini sia industria devono sottostare a codesti aumenti.

Immagine.png2021-09-20__ Eurostat 002