Giuseppe Sandro Mela.
2016-08-01.
Il problema di presterebbe più che bene ad una discussione di teorie giuridiche, cosa che sarebbe più che benvenuta ma inopportuna in questa sede. Per questo motivo, non per mancanza di buona volontà oppure di argomentazioni da chiarire, ne parleremo soltanto da un punto di vista squisitamente pratico.
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Ecco il quesito.
Quando Mrs Theresa May, Premier del Regno Unito e Leader del Conservative Party, deve parlare e trattare con l’Unione Europea a chi deve rivolgersi?
In altre parole, chi è che comanda nell’Unione Europea, che possa rappresentarla, siglare accordi?
«Non può stupire che l’attuale governo di Theresa May abbia reagito con stizza a tale nomina, sottolineando subito che i suoi interlocutori rimangono i governi nazionali»
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L’Europa Unita assomiglia sempre più al castello di Kafka. Vediamo di esporre in estrema sintesi, ma usando le loro stesse parole.
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«Il Consiglio europeo.
Il Consiglio europeo definisce le priorità e gli orientamenti politici generali dell’UE. Non fa parte dei legislatori dell’UE e pertanto non negozia né adotta atti legislativi. Stabilisce invece l’agenda politica dell’Unione, generalmente adottando “conclusioni” durante le riunioni del Consiglio europeo, che individuano le questioni problematiche e le misure da intraprendere.
Conclusioni del Consiglio europeo.
Il Consiglio europeo è una delle 7 istituzioni dell’UE. Non è tuttavia uno degli organi legislativi dell’UE e pertanto non negozia né adotta le norme dell’UE. Il suo ruolo principale è invece di stabilire le priorità e gli orientamenti politici generali dell’UE, essenzialmente definendone l’agenda politica.
Ciò avviene tradizionalmente mediante l’adozione di conclusioni nel corso di ciascuna riunione del Consiglio europeo. In tali conclusioni si identificano specifiche questioni di interesse per l’UE e si definiscono determinate azioni da intraprendere o obbiettivi da raggiungere. Le conclusioni del Consiglio europeo possono inoltre fissare i termini entro i quali giungere ad un accordo in merito a un determinato punto o presentare proposte legislative. In questo modo il Consiglio europeo è in grado di condizionare e orientare l’agenda politica dell’UE.
Le conclusioni del Consiglio europeo sono adottate in occasione di ogni riunione del Consiglio europeo. In esse si individuano specifiche questioni di interesse per l’UE e si definiscono determinate azioni da intraprendere o obiettivi da raggiungere. Le conclusioni del Consiglio europeo possono inoltre fissare i termini entro i quali giungere ad un accordo su un determinato punto o presentare proposte legislative. In questo modo il Consiglio europeo è in grado di influenzare e orientare l’agenda politica dell’UE.
Prima di ogni riunione del Consiglio europeo, il suo presidente elabora orientamenti per le conclusioni, che sono quindi discusse in sede di Consiglio “Affari generali” e successivamente adottate durante la riunione del Consiglio europeo. Le conclusioni sono adottate per consenso da tutti gli Stati membri dell’UE.
Le conclusioni del Consiglio europeo adottate a partire dal 2004 sono disponibili nel registro pubblico dei documenti ufficiali.
Di recente, il Consiglio europeo ha adottato un'”agenda strategica” delle priorità chiave sulle quali dovranno concentrarsi l’attenzione e l’azione dell’UE nel lungo periodo.
Membri del Consiglio europeo.
I membri del Consiglio europeo sono i capi di Stato o di governo dei 28 Stati membri dell’UE, il presidente del Consiglio europeo e il presidente della Commissione europea.
L’alto rappresentante dell’Unione per gli affari esteri e la politica di sicurezza partecipa altresì alle riunioni del Consiglio europeo quando si discutono temi di politica estera.
Processo decisionale.
Nella maggior parte dei casi, il Consiglio europeo decide per consenso. Tuttavia, in alcuni casi specifici previsti dai trattati UE, adotta decisioni all’unanimità o a maggioranza qualificata.
Alla votazione non partecipano né il presidente del Consiglio europeo né il presidente della Commissione.»
[Consiglio Europeo. Consiglio dell’Unione Europea.]
In sintesi. Il Consiglio Europeo definisce le priorità e gli orientamenti politici generali ma non fa parte dei legislatori dell’UE e pertanto non negozia né adotta atti legislativi.
Mr Donald Tusk. Presidente del Consiglio Europeo non sarebbe quindi deputato a negoziare alcunché, non avendo potestà deliberativa.
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«La Commissione europea è l’organo esecutivo dell’Unione europea e ne promuove l’interesse generale.
La Commissione europea è l’organo esecutivo dell’UE. Rappresenta gli interessi dell’Unione europea nel suo complesso (e non quelli dei singoli paesi).
Con il termine “Commissione” ci si riferisce sia al collegio dei commissari, sia all’istituzione stessa.
Cosa facciamo.
Le principali funzioni della Commissione sono:
presentare proposte legislative, che vengono successivamente adottate dai colegislatori, vale a dire il Parlamento europeo e il Consiglio dei ministri
applicare il diritto europeo (se necessario con l’aiuto della Corte di giustizia dell’UE)
fissare gli obiettivi e le priorità dell’azione dell’UE mediante il programma annuale di lavoro della Commissione e adoperarsi per realizzarli
gestire e attuare le politiche e il bilancio dell’UE
rappresentare l’Unione al fuori dell’Europa (ad esempio negoziare accordi commerciali English tra l’UE e il resto del mondo).
La sede centrale della Commissione europea è a Bruxelles e alcuni suoi servizi sono anche a Lussemburgo. La Commissione ha rappresentanze in tutti gli Stati membri dell’UE e 139 delegazioni sparse in tutto il mondo.
1 presidente, 7 vicepresidenti e 20 commissari
Ogni cinque anni viene nominata una nuova squadra di 28 commissari (uno per ciascuno Stato membro dell’UE).
Il candidato alla carica di presidente della Commissione viene proposto al Parlamento europeo dal Consiglio europeo, che delibera a maggioranza qualificata tenendo conto del risultato delle elezioni al Parlamento europeo.
Il presidente della Commissione è quindi eletto dal Parlamento europeo a maggioranza (vale a dire con almeno 376 voti su 751).
A seguito dell’elezione, il presidente eletto sceglie gli altri 27 membri della Commissione, sulla base delle proposte presentate dagli Stati membri. L’elenco definitivo dei commissari designati deve successivamente essere concordato tra il presidente eletto e il Consiglio. La Commissione deve essere approvata nel suo insieme dal Parlamento. Prima di ciò, i commissari designati sono valutati dalle commissioni del Parlamento europeo.
Il mandato dell’attuale Commissione scade il 31 ottobre 2019. Il suo presidente è Jean-Claude Juncker»
[Commissione Europea]
In sintesi. La Commissione Europea è un organo esecutivo, non legislativo. Può presentare progetti di legge, ma questi devono essere approvati dal Parlamento Europeo e dai Consigli dei Ministri. Di conseguenza, il suo Presidente Jean-Claude Juncker non ha poteri decisionali.
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«Parlamento Europeo.
La procedura legislativa ordinaria conferisce lo stesso peso al Parlamento europeo e al Consiglio dell’Unione in numerosi ambiti (ad esempio, governance economica, immigrazione, energia, trasporti, ambiente, protezione dei consumatori, ecc.). La stragrande maggioranza delle leggi comunitarie è adottata congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio.
La procedura di codecisione, introdotta dal trattato di Maastricht sull’Unione europea (1992), è stata ampliata e adeguata dal trattato di Amsterdam (1999) per rafforzarne l’efficacia. Con l’entrata in vigore del trattato di Lisbona il 1° dicembre 2009, tale procedura, ribattezzata procedura legislativa ordinaria, è diventata la principale procedura legislativa del sistema decisionale dell’UE.
Il Parlamento europeo può approvare o respingere una proposta legislativa o proporre emendamenti alla stessa. Il Consiglio non è giuridicamente obbligato a tenere conto del parere del Parlamento sebbene, stando alla giurisprudenza della Corte di giustizia, non possa deliberare prima di averlo ricevuto.
Originariamente, il trattato di Roma del 1957 attribuiva al Parlamento un ruolo consultivo nell’ambito del processo legislativo; la Commissione proponeva la legislazione, che veniva poi adottata dal Consiglio.
L’Atto unico europeo (1986) e i trattati di Maastricht, Amsterdam, Nizza e Lisbona hanno progressivamente ampliato le prerogative del Parlamento. Quest’ultimo è ora colegislatore su un piano di parità con il Consiglio nella stragrande maggioranza dei settori (vedasi “Procedura legislativa ordinaria”), mentre la consultazione è divenuta una procedura legislativa speciale (o addirittura una procedura non legislativa), utilizzata in un numero limitato di casi.
Questa procedura si applica ormai a un numero ridotto di settori legislativi, come ad esempio le esenzioni del mercato interno e il diritto della concorrenza. La consultazione del Parlamento è parimenti obbligatoria, in quanto procedura non legislativa, in caso di adozione di accordi internazionali nell’ambito della politica estera e di sicurezza comune (PESC).»
[Parlamento Europeo]
In sintesi. Il Parlamento Europeo è organo legislativo, ma di norma non formula progetti di legge.
Due stranezze davvero singolari.
(1). «La stragrande maggioranza delle leggi comunitarie è adottata congiuntamente dal Parlamento europeo e dal Consiglio». «La procedura di codecisione …. è diventata la principale procedura legislativa del sistema decisionale dell’UE». Sono così due differenti organismi a “codecidere”: il massimo della efficienza.
(2). Il Presidente del Parlamento Europeo, Herr Martin Schulz, non ha poteri esecutivi né deliberativi.
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La procedura di “codecisione” è una chicca tutta europea.
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Riproponiamo adesso il quesito posto all’inizio.
Quando Mrs Theresa May, Premier del Regno Unito e Leader del Conservative Party, o chi per Lei, deve parlare e trattare con l’Unione Europea a chi deve rivolgersi?
Chi volesse trattare con gli Usa chiamerebbe direttamente il Presidente Obama. Chi volesse trattar con la Russia chiamerebbe direttamente Mr Putin.
In altre parole, ma chi è che comanda nell’Unione Europea, che possa rappresentarla, siglare accordi?
A chi deve, oppure anche possa, rivolgersi Mrs Theresa May, Premier del Regno Unito per poter parlare proficuamente del Brexit?
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Da ultimo, ma non per ultimo.
Qualcuno potrebbe correttamente suggerire di parlare con i capi degli stati più rappresentativi dell’Unione Europea.È la linea scelta dal Premier May.
Ma Mr Hollande scade nel marzo del 2017, il partito socialista che lo aveva espresso ad oggi non vale quasi neppure il 13% dell’elettorato francese. Più che un lame duck è un morto ambulante. Conta ancora qualcosa in a Francia, molto poco a dire il vero, ma non conta alcunché in Europa e nel mondo. Meno della zero di briscola.
Mrs Frau Merkel è nominalmente a Bundeskanzlerin della Germania, ma il partito che la espressa, la Union, nelle proiezioni sta perdendo a livello federale undici punti percentuali, e nelle prossime elezioni di Berlino e del Land Mecklenburg-Vorpommern ne perderà ancor di più, anche se non raggiungerà il livello di catastrofe della socialdemocrazia, proiettata a perdere ben quindici punti percentuali. Verosimilmente a tale data, settembre prossimo, la Große Koalition potrebbe implodere.
Quindi, trattare con Mr Hollande oppure con Frau Merkel avrebbe ben poco senso. Non è nemmeno detto che possano sopravvivere più di qualche mese.
L’unica personalità che abbia potere reale e decisionale sarebbe Mario Draghi. E non sarebbe per nulla da stupirsi se alla fine toccasse ancora una volta ad un banchiere centrale l’onere di dover raccattare i cocci di una politica fatiscente.
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«L’Ue ha continuato ad essere prigioniera di un’ambiguità strutturale nonostante la sua retorica integrazionista»
È come il Castello di Kafka.
Solo che nell’EU non esiste nemmeno un Herr Klam.
→ Sole 24 Ore. 2016-07-31. Chi negozia davvero con il Regno Unito?
L’uscita del Regno Unito dall’Unione Europea avrà probabili conseguenze economiche su quest’ultima, ma di sicuro ha già prodotto conseguenze politiche al suo interno. Con la sua uscita, il Regno Unito ha messo in luce le divisioni che attraversano la Ue.
Così, anche dall’esterno, il Regno Unito continua ad esercitare un’influenza sul processo di integrazione che è sproporzionata rispetto al suo effettivo potere. Ciò è dovuto al fatto che l’Ue è giunta all’appuntamento della Brexit senza una condivisa definizione della sua natura politica e, quindi, senza una leadership istituzionale riconosciuta.
L’Ue ha continuato ad essere prigioniera di un’ambiguità strutturale nonostante la sua retorica integrazionista. Non ha mai deciso se essere una mera associazione di stati per perseguire obiettivi di natura preminentemente economica (una comunità economica) oppure un’unione di stati per perseguire obiettivi di natura preminentemente politica (un’unione politica).
Si guardi cosa è successo nelle ultime settimane rispetto al problema imposto da Brexit: chi e come dovrà negoziare con i britannici? Sarà il negoziatore scelto dalla Commissione, Michel Barnier, oppure la negoziazione la controlleranno i capi di governo? La risposta non è univoca. Dopo l’esito del referendum britannico, il Consiglio europeo (dei capi di governo) ha subito rivendicato la sua preminenza decisionale sulla negoziazione.
Tuttavia, come era avvenuto in altre crisi, il Consiglio europeo si è immediatamente diviso tra stati membri (come ad esempio la Francia) a favore di una posizione negoziale inflessibile nei confronti del Regno Unito e Stati membri (come ad esempio la Polonia) a favore di una linea negoziale accomodante nei confronti delle esigenze britanniche. Sia nell’uno che nell’altro caso, le motivazioni sono dovute a ragioni di politica interna, non già a valutazioni di politica europea.
Chi sostiene la posizione francese, ha il problema di neutralizzare un forte anti-europeismo al proprio interno.
Chi sostiene la posizione polacca, vuole invece usare Brexit per allargare i propri spazi di sovranità nazionale. In mezzo si è collocata la Germania, preoccupata di ridimensionare le spinte centrifughe dei paesi vicini al Regno Unito, ma anche intenzionata a smussare la posizione francese così da dare ai britannici il tempo da loro richiesto. Una posizione, quella tedesca, motivata dal suo interesse nazionale e non già di una visione europea, avendo quel paese il maggiore interscambio economico con il Regno Unito.
Nonostante tali divisioni, il Consiglio europeo ha quindi nominato il diplomatico belga Didier Seeuws come suo capo negoziatore, ma con un mandato implicito di apertura nei confronti degli interessi britannici.
Ciò che interessava al Consiglio europeo era soprattutto di anticipare la Commissione europea, precostituendo il contesto delle negoziazioni con il Regno Unito al cui interno quest’ultima avrebbe poi dovuto operare. In realtà, da tempo, la Commissione e il suo presidente Juncker sono divenuti l’oggetto di critiche aspre da parte sia della Germania che della coalizione dei paesi dell’est europeo.
Ad esempio. Il tedesco Wolfgang Schauble non digerisce il ruolo politico che la Commissione ha deciso di svolgere nell’interpretazione delle clausole del Patto di Stabilità e Crescita (tant’è che propone con insistenza che tale compito sia affidato ad una agenzia tecnocratica indipendente, come lo European Fiscal Council); la polacca Beata Szydło non digerisce la decisione della Commissione di tenere sotto controllo il suo governo (tant’è che ha reagito duramente alla procedura avviata pochi giorni fa dalla Commissione contro il tentativo del suo governo di controllare la corte costituzionale del paese); l’ungherese Viktor Orban non digerisce la decisione della Commissione affinché tutti gli stati membri dell’Ue si facciano carico di una quota dei rifugiati arrivati sul nostro continente (tant’è che ha promosso una referendum popolare per il prossimo 2 ottobre per contrastare quella decisione). Insomma, questi paesi vogliono essere membri di un’associazione di stati indipendenti che condividono solamente le politiche che a loro conviene.
Il punto è che ciò avviene con la complicità della Germania che utilizza le spinte centrifughe per promuovere un’unione intergovernativa che inevitabilmente esalta il suo interesse nazionale.
Lo stesso discorso del cancelliere Merkel di pochi giorni fa, in merito alla risposta da dare al terrorismo, seppure encomiabile per equilibrio e razionalità, è stato però privo di qualsiasi considerazione strategica sul ruolo dell’Ue nel garantire la sicurezza dei suoi stati membri. La prospettiva della classe politica tedesca è ormai primariamente nazionale.
Di fronte a questo accerchiamento, la Commissione non poteva non reagire. Lo scontro con il Consiglio europeo è stato inevitabile, anche perché in campo è intervenuta la Francia oltre che l’Italia.
Dopo tutto, solamente la Commissione ha l’expertise per svolgere con successo le negoziazioni con il Regno Unito, essendo il Consiglio europeo un’istituzione priva di una sua struttura amministrativa sovranazionale.
Una mediazione è stata infine trovata: Jean-Claude Juncker ha dovuto fare un passo indietro, ma è riuscito a far nominare il francese Michel Barnier come capo negoziatore della Commissione. Ovvero un esponente politico che, nel suo precedente ruolo di commissario per il mercato interno e i servizi finanziari (nella Commissione presieduta da Manuel Barroso, 2010-2014), era divenuto inviso agli operatori della City di Londra e al governo britannico.
Non può stupire che l’attuale governo di Theresa May abbia reagito con stizza a tale nomina, sottolineando subito che i suoi interlocutori rimangono i governi nazionali. Non è un caso che il nuovo primo ministro britannico sia andata in visita nelle principali capitali europee, ma non sia ancora andata a Bruxelles. Insomma Brexit ha contribuito a fare emergere divisioni profonde tra governi nazionali e tra istituzioni europee.
Se così è, allora l’Italia non può accontentarsi di essere invitata al tavolo di un presunto direttorio, rafforzando ancora di più la dimensione intergovernativa dell’Ue.
I direttori sono l’antitesi del progetto di integrazione pensato a Roma nel 1957, anche quando l’Italia ne fa parte. Noi non abbiamo nessun interesse ad assecondare la deriva nazionalista della Germania, né di attendere il risveglio comunitario della Francia. L’Italia dovrebbe invece porsi l’obiettivo di usare la sua recuperata credibilità per promuovere una leadership istituzionale dell’Ue o comunque dell’Eurozona.
Senza tale leadership istituzionale, legittimata democraticamente, sarà impossibile contrastare il ruolo disintegrativo delle leadership nazionali.
Brexit potrebbe rivelarsi un punto di svolta storico: o si va indietro verso una comunità economica o si va avanti verso un’unione politica.