Pubblicato in: Banche Centrali, Devoluzione socialismo, Unione Europea

Prosegue l’agonia dei Btp. Vi vedono già rendimenti sopra il 4%.

Giuseppe Sandro Mela.

2017-03-17.

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Il microinvestitore italiano ha mediamente nel suo monte titoli una certa quantità di btp, o direttamente oppure tramite fondi di investimento. In totale sono centinaia e centinaia di miliardi di euro.

Il poveraccio è nei triboli.

Tutti concupiscono il suo gruzzolo, quello che aveva accantonato con grandi sacrifici e privazioni, soldo su soldo.

Ecb ha per anni favorito gli stati nazionali carichi di debiti forzando una situazione di tassi infimi, e spesso negativi. Il nostro povero investitore guardava il suo gruzzolo che non gli rendeva nulla. Quei centomila euro mesi da parte a 1,000 euro al mese in quasi dieci anni gli rendevano sì e no mille euro lordi all’anno. Se per gli stati indebitati fino nelle vibrisse del naso pagare tassi bassi di interesse era manna dal Cielo, per il nostro misero investitore era una iattura, un maledizione divina.

Ma il poveretto sperava, o, meglio si illudeva: verranno tempi migliori. Si fidava del governo, di quelle persone che aveva votato con tanto ardore.

Bene.

Adesso il tempo sembrerebbe essere cambiato.

«L’effetto rialzo si sente già».

L’inflazione sopra il due per cento si fagocita in un sol boccone tutti gli interessi percepiti sui suoi btp , e ne falcidia il valore.

Ma piove sempre sul bagnato.

Al rialzo dei tassi di interesse fa riscontro un calo di quotazione dei btp.

Così, se il nostro microinvestitore si trovasse nella necessità di vendere qualcosa per far fronte ad una necessità improvvisa, realizzerebbe ben poco. E, si tenga conto che il provvido stato gli succhierebbe anche il capital gain, come se quel povero miserabile fosse Banca Rothschild.

*

Amico mio, perché mai sei stato così grullo da fidarti dello stato?

E siamo solo agli inizi, anche perché il nostro microinvestitore continuerà a votarli, da perfetto masochista.


Trend Online. 2017-03-17. Bond day: va sotto la pari il nuovo Btp inflation decennale

Viene definito decennale dal ministero dell’Economia e delle Finanze, ma in realtà ha scadenza 2028 il nuovo Btp€i, collocato nei giorni scorsi. Le sue caratteristiche – salvo il tasso cedolare – sono le stesse dell’intera categoria di questa tipologia di Btp: cedola 1,30% annua correlata all’indice dei prezzi al consumo Eurostat (quindi all’inflazione europea), scadenza 15/5/2028, Isin IT0005246134, importo 3 miliardi di euro e taglio minimo 1.000 euro. Un bond giusto per proteggersi dall’aumento inflattivo, poiché caratterizzato dalla vita residua preferibile nella vasta gamma di scadenze proposte in tale ambito. I gestori professionali puntano infatti proprio sui decennali nella scelta dei cosiddetti “linker”. Lo dimostra il fatto che il 45,2% dell’emissione sia stato assegnato a fondi d’investimento e asset manager, mentre le banche si sono aggiudicate il 22,8% dell’ammontare complessivo. Eppure il nuovo Btp€i stenta a decollare sul secondario (ieri ha chiuso a 98,4, perdendo uno 0,70%), il che costituisce motivo di interesse in più. Gli altri Btp indicizzati all’inflazione europea girano quasi tutti ben sopra 100, salvo i cortissimi e l’1,25% scadenza 2032 (Isin IT0005138828), che da fine gennaio è passato sotto la pari, navigando ormai sui 97 euro. 

L’effetto rialzo si sente già

Il motivo è presto spiegato. Il nuovo Btp€i si assoggetta a un ventilato aumento dei tassi nel medio termine, che finirebbe per penalizzarlo – come sempre accade – nel caso la complessa relazione tassi/inflazione andasse a suo discapito. Occorre però ricordare naturalmente che l’incremento del costo della vita accumulato si immagazzina sul capitale, rendendo ancor più attraete un titolo che verrà comunque rimborsato a 100, con l’aggiunta del coefficiente di indicizzazione maturato. E’ probabile che le quotazioni saranno molto volatili nei prossimi mesi per questa tipologia di obbligazioni, ma ciò non esclude che sia ora il momento per valutarne l’inserimento in qualsiasi portafoglio, a protezione – almeno parziale – dai fattori inflattivi. 

Il confronto dice che…

Rispetto ad altri “linker” europei il nuovo Btp€i ha il vantaggio di una quotazione nettamente più favorevole. Lo Spagna 1,8% 2024 (Isin ES00000126A4 – quotato sul Mot) prezza sui 110,5, mentre l’Oati francese 3,4% 2029 (Isin FR0000186413 – quotato sul Mot) si ritrova sui 152 e il tedesco Bund€I 0,10% 2026 (Isin DE0001030567 – presente su Tlx) resta sopra i 110. Non solo! Alcuni di questi “inflation” devono essere acquistati preferibilmente sull’“Otc” per non subire penalizzazioni da “spread” denaro/lettera, poiché poco trattati sul mercato di casa nostra. L’esordio del Btp€i va quindi seguito con attenzione, anche perché – occorre sottolinearlo di nuovo – indicizzato all’inflazione europea, che in prospettiva potrebbe crescere di più in confronto a quella domestica.