Pubblicato in: Devoluzione socialismo, Fisco e Tasse, Unione Europea

EU. Evasione Iva (Vat). 147.146 mld, ma solo il 3.1% è recuperato.

Giuseppe Sandro Mela

2019-07-27.

Banche 016. Marinus Van Reymerswaele, Prestatori di denaro, 1542.

«il Vat Gap. Significa, quindi, che lo Stato italiano incassa ogni anno (l’ultimo dato è del 2016, il più recente ufficiale disponibile), 35,9 miliardi di euro in meno di quanto dovrebbe»

«147 miliardi e 146 milioni di Iva evasa in tutta Europa»

«Comunque a Berlino e dintorni si evadono ogni anno 22,6 miliardi di euro. Segue la Gran Bretagna con poco più di 22 miliardi, e poi la Francia, con 20,8»

«l’Italia non è più prima: è superata dalla Romania con il suo 35,9% di evasione, e dalla Grecia, con il 29,2%. noi scendiamo in terza posizione con un comunque ragguardevole 25,9% e siamo seguiti dalla Slovacchia con il 25,7%, e poi altri Paesi dell’Est come Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Ungheria, tutti al di sopra della media Ue del 12,3%.»

«in tutta la Ue si è recuperato 21 miliardi e 392 milioni in tutto. In Italia parliamo di 2 miliardi e 797 milioni»

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Riassumiamo.

– Nell’Unione Europea si evadono ogni anno 147.146 miliardi di euro.

– In Italia si evadono ogni anno 35.9 miliardi di euro.

– Unione Europea e stati nazionali riescono a recuperare solo 21.192 miliardi e 2.797 miliardi, rispettivamente.

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Vi sarebbero molte ed importanti considerazioni da fare, ma alcune sarebbero di maggiore importanza.

– La discrepanza tra un’evasione stimata di 147.146 miliardi ed una accertata nei tribunali tributari di 21.192 miliardi è davvero troppo alta per non porre in serio dubbio la modalità con la quale si calcola la presunta evasione.

– Nei fatti è ben facile accusare qualcuno, persona fisica oppure giuridica, di evasione dell’Iva mentre è davvero ben più difficile il dimostrarlo.

– Si deve constatare una costosissima faciloneria nell’accusa ed una impressionante incapacità nella dimostrazione on sede di giudizio.

– In una dimensione globale o, quanto meno, europea, vi è una tale massa di leggi, normativi e regolamenti, siano essi comunitari siano essi nazionali, da rendere impossibile l’emergenza di contraddizioni di termini, che in ultima analisi portano alla soccombenza in sede di giudizio.

– È conflittuale il permettere accertamenti induttivi ed imporne poi la dimostrazione in giudizio. Le fantasie non ammettono dimostrazione.

– Tranne rare e lodevoli eccezioni, gli accertamenti sono fatti da parte di personale impreparato, anche tenendo conto di quanto sia difficile conoscere cosa sia legale od illegale in tutti i singoli stati. Ma una società che operi almeno a livello comunitario ha operazioni fatte in molti stati differenti, ciascuno con le sue proprie leggi e regolamenti. Ben difficilmente un funzionario a duemila euro al mese potrà mai competere con un agguerrito studio commercialista a dimensione europea, con onorari milionari.

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Di norma, più che evasione sono fenomeni elusivi, condotti nell’alveo delle leggi vigenti.

Ma le leggi nell’Unione Europea sono promulgate dai relativi parlamenti: la responsabilità è quindi politica, non di quanti applicano le leggi disponibili.


Evasione Iva: in 5 anni recuperato solo il 2,8%

Ogni anno se ne vanno 35,9 miliardi e la lotta ai “furbetti” non dà risultati. Il confronto con l’Europa

La linea azzurra che svetta sopra tutte le altre. Ecco: quella linea azzurra è l’Italia che svetta sopra tutti gli altri Paesi europei nella classifica dell’Iva evasa in termini di valore assoluto. E non è questo il dato peggiore.

L’Iva evasa in Europa

Il grafico sopra, per l’esattezza, mostra il Vat Gap, cioè la differenza tra quanto lo Stato dovrebbe incassare dall’Iva e quanto incassa davvero. Quella differenza è, appunto, il Vat Gap. Significa, quindi, che lo Stato italiano incassa ogni anno (l’ultimo dato è del 2016, il più recente ufficiale disponibile), 35,9 miliardi di euro in meno di quanto dovrebbe. Una marea di soldi… Basti pensare che l’Iva evasa in Italia, sempre in termini assoluti (cioè in euro) rappresenta la maggioranza relativa dei 147 miliardi e 146 milioni di Iva evasa in tutta Europa.

Al secondo posto c’è la Germania, ma è quasi ovvio che sia così dato che quella tedesca è l’economia più grande del Continente. Comunque a Berlino e dintorni si evadono ogni anno 22,6 miliardi di euro. Segue la Gran Bretagna con poco più di 22 miliardi, e poi la Francia, con 20,8.

L’Iva evasa in percentuale

La classifica è abbastanza “normale”: più è ampia l’economia, più si evade l’Iva, quindi è ovvio che in testa ci siano i 4 Paesi più grandi, con l’Italia in testa che comunque non ha un’economia pari a quella tedesca. Guardiamo allora le percentuali: cioè quanta Iva si evade in percentuale sul totale incassabile da ogni singolo Stato. Ecco il grafico:

sorpresa: l’Italia non è più prima: è superata dalla Romania con il suo 35,9% di evasione, e dalla Grecia, con il 29,2%. noi scendiamo in terza posizione con un comunque ragguardevole 25,9% e siamo seguiti dalla Slovacchia con il 25,7%, e poi altri Paesi dell’Est come Lituania, Polonia, Repubblica Ceca, Bulgaria, Ungheria, tutti al di sopra della media Ue del 12,3%. I Paesi più virtuosi sono Croazia, Svezia e Lussemburgo, con solo il 1,2, 1,1 e 0,9% di evasione nel 2016. Da notare la performance della Spagna dove pare che l’Iva sia una tassa pagata praticamente da tutti. Nel 2016, infatti, la percentuale di evasione sul totale è stata di appena del 2,7%, tanto che in valore assoluto (prima tabella) il suo miliardo e 966 milioni di Vat gap è superato da quello di Paesi come Grecia, Danimarca, Austria, che sono anche 5-6 volte meno popolosi.

L’evasione Iva cala

Il quadro generale però negli anni è cambiato in modo significativo, ed è giusto parlare di come vi sia stata in generale una diminuzione dell’evasione. Rispetto al 2012, per esempio, in tutta la Ue si è recuperato 21 miliardi e 392 milioni in tutto. In Italia parliamo di 2 miliardi e 797 milioni. Ma a mettere a segno il maggior calo dell’evasione in questo intervallo di tempo è stata proprio la Spagna con 4 miliardi e 306 milioni in meno. In controtendenza alcuni Paesi in cui invece il Vat gap è aumentato. In primis la Gran Bretagna con un aumento dell’evasione di 2,7 miliardi. Poi la Grecia, 151 milioni in più, la Finlandia, 734 milioni, e la Lituania.

A livello di percentuale sul totale dell’incassabile il calo è stato in media del 3,1% nella Ue, con i maggiori progressi a Malta, dove si è passati da un’evasione del 29% del totale a una solo del 2,7%, poi in Lettonia, dal 24,2% al 12,9%, e in Slovacchia, dal 36,7% al 25,7%.

Chi ha vinto la guerra all’evasione

L’ultimo grafico mostra in che percentuale i Paesi sono riusciti a diminuire (o, al contrario, hanno visto aumentare) l’evasione Iva sempre tra il 2012-2016.

Risultato? Tra il 2012 e il 2016 l’Italia ha migliorato la sua performance in quanto a lotta all’evasione Iva del 2,9%. Pochissimo se si guarda, per esempio, la Malta, e, comunque, meno della media europea del 3,1%.

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Italia. Evasione fiscale (in EU 823 mld) e contante usato nell’85.8% dei pagamenti.

Giuseppe Sandro Mela.

019-04-15.

2019-04-15__Contante__001

È stato pubblicato un interessante Report dal titolo:

Gli italiani sono ancora (troppo) affezionati al contante

da cui si evince che gli italiani usano le banconote nell’85.9% dei pagamenti effettuati: bancomat e carte di credito sono utilizzate solo per i pagamenti più onerosi.

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«La gran parte dei pagamenti avviene per acquisti quotidiani, ovvero presso il panettiere, il supermercato, la farmacia (40,2% di tutti gli scambi) oppure al bar e nei ristoranti (21,6%).»

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«Al di sopra dei 100€, invece, arriva il turno degli assegni o dell’acquisto digitale, i quali coprono il 12,2% delle transazioni di queste dimensioni»

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«Nel caso di transazioni di grande entità le carte di credito salgono al 28,6%, mentre l’uso del contante si ferma “solo” al 68,4%.»

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2019-04-15__Contante__002

Solo l’1.7% dei pagamenti risulta essere superiore ai 100 euro: in questo caso l’uso di bancomat o carte supera il 50% del volume.

Il problema potrebbe essere visto sotto differenti angolatura, ciascuna delle quali mette in evidenza un particolare aspetto.

– Il primo aspetto sarebbe la praticità di uso. L’uso del pagamento elettronico richiede un certo quale lasso di tempo, la disponibilità delle linee e delle banche, ed infine, particolare non da poco, è oneroso sia per il possessore delle carte, sia di debito sia di credito, sia per quanti ricevano il pagamento. Su questo tipo di operazioni le banche richiedono infatti una commissione, il cui ammontare sarebbe ingiustificato per transazioni minimali.

– Il secondo aspetto è ben più delicato. Nell’ultimo decennio si è assistito ad un pressing politico sull’uso dei pagamenti elettronici, giustificato con il fatto che, essendo tracciabili, costituirebbero un forte argine al problema della evasione fiscale.

Se sia giusto che un governo lotti contro l’evasione fiscale, sarebbe però altrettanto giusto che detto stato mantenga una pressione dei limiti del ragionevole.

Se sia doveroso pagare le tasse, altrettanto doveroso sarebbe farlo solo per le tasse giuste. I Cittadini possono ben ribellarsi ad una tassazione ingiusta, come evidenzia la storia e, di recente, gli accadimenti dei Gilets Jaunes.

– Il terzo aspetto dovrebbe rientrare nel comune buon senso. Pensare ad un’evasione fiscale sui pagamenti sotto i 100 euro sarebbe davvero grottesco: questa prende luogo per ranghi di cifre molti ordini di grandezza superiori.

L’Italia è prima al mondo per evasione fiscale (ma gli altri Stati Ue non sono messi meglio)

«Secondo uno studio del Tax Research LLP nel nostro Paese ci sarebbero 190 miliardi di euro di tasse evase. I mancati introiti per lo Stato italiano equivalgono a circa il doppio della spesa pubblica in sanità»

2019-04-15__Contante__003

– Il quarto aspetto è l’evasione fiscale. A livello dell’Unione Europea l’evasione assomma ad 824 miliardi di euro

«Negli ultimi tempi, l’evasione fiscale è entrata prepotentemente all’interno del dibattito politico. Non si tratta però di un problema nuovo. I fenomeni di evasione fiscale esistono sin da quando i governanti impongono tasse ai loro cittadini.

Chi ci segue inoltre su Facebook, avrà sicuramente notato l’infografica postata qualche giorno fa che ritraeva l’evasione fiscale in Europa. Stando ad un recente studio condotto dalla società inglese Tax Research LLP emerge che l’Italia è il primo paese per evasione fiscale in Europa, con circa 190 miliardi di euro di tasse evase.

Per avere un’idea concreta del danno da evasione fiscale per la società, i mancati introiti per lo Stato italiano equivalgono a circa il doppio della spesa pubblica in sanità. Nella classifica dell’evasione fiscale in Europa, dietro all’Italia si piazzano in ordine Germania (125 miliardi), Francia (118 miliardi) e Regno Unito (87 miliardi). In totale, prendendo come riferimento l’anno fiscale 2015, l’evasione fiscale tra i Paesi Membri dell’Unione pesa 824 miliardi di euro. È più di sei volte la dimensione del bilancio annuale dell’UE.»

Sarebbe davvero ridicolo pensare che una tale evasione fiscale si attui perché un bar non ha rilasciato lo scontrino sul caffè.

Si noti però come l’evasione fiscale sia massima nei paesi ove la pressione fiscale sia massima.

Italia. Il fisco sui salari è il maggiore del mondo.

Ma siamo poi così certi che sia il popolino ad evadere le tasse?

Lussemburgo, i 550 «favori» alle multinazionali che imbarazzano Juncker

Il Lussemburgo di Mr Juncker è il paradiso fiscale per eccellenza. È uno stato che Mr Juncker aveva trasformato in una immane lavanderia di denaro sporco.

Perché prendersela con il poveraccio che compra il giornale a contanti?

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Ci si dovrebbero porre molte domande.

– Non è che un’elevata pressione fiscale obblighi alla evasione? In questo caso l’unica vera lotta consisterebbe nel diminuire le tasse.

– Fono a qual punto sarebbe giusto che lo stato voglia tracciare tutti i minimi spostamenti di denaro quando poi chi possa evade alla grande?

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Gli italiani sono ancora (troppo) affezionati al contante

Le banconote coprono l’85,9% dei pagamenti. Il bancomat è usato solo per comprare beni costosi

Niente da fare, il tanto atteso sorpasso del bancomat sull’uso del contante è ancora molto lontano. In base agli ultimi dati, gli italiani ricorrono alle banconote nell’85,9% dei casi. Le cose migliorano quando si fanno acquisti costosi, come il televisore o lo smartphone, ma la carta di credito non arriva mai a coprire la metà delle transazioni. Segno che facciamo fatica a cambiare abitudini o che preferiamo non tracciare tutte le nostre spese?

L’uso del contante è ancora così diffuso in Italia?

Il grafico sopra mostra quali sono le abitudini degli italiani in fatto di pagamenti. I dati sono relativi al 2016 e sono riportati in un recente documento della Banca d’Italia. Come è evidente, i nostri connazionali sono ancora molto affezionati ai contanti per i loro acquisti. L’85,9% dei pagamenti, infatti, avviene con questo strumento. Solo nel 12,9% dei casi si ricorre a carte di credito o bancomat, mentre il restante 1,2% è affidato a strumenti alternativi come l’acquisto via internet, app mobile e assegni.

Se si considera il valore di questi pagamenti, i risultati non cambiano di molto. Nel caso di transazioni di grande entità le carte di credito salgono al 28,6%, mentre l’uso del contante si ferma “solo” al 68,4%. Anche gli strumenti alternativi crescono (3%). Il perché è presto detto: gli italiani usano poco bancomat e carte di credito, ma quando lo fanno è normalmente per transazioni di maggior valore, le quali richiederebbero di portare con sé troppe banconote.

Bancomat vs contanti, ecco chi vince

L’uso del bancomat quando si acquistano beni più costosi lo si vede bene in quest’altro grafico. Più si sale a livello di scaglioni di acquisto, infatti, più l’importanza del contante cala. Viene usato il 96,6% delle volte nel caso di pagamenti inferiori ai 5€, che del resto costituiscono la maggioranza relativa dei pagamenti in generale (37,8%).

Ogni volta che il taglio degli acquisti aumenta di 5€ in media vi è un calo del 5-6% dell’uso del contante. Succede almeno fino allo scaglione 20-25€, quando per esempio la preferenza per questo metodo scende al 73,3%. Se la spesa è tra i 50 e i 100 euro solo la metà delle volte (il 50,9%) viene scelto il contante. Parallelamente al calo dell’utilizzo del contante, man mano che i tagli si ingrossano vi è una crescita delle carte di credito. La percentuale più alta (45,2%) si registra proprio nella fascia 50-100 euro. Al di sopra dei 100€, invece, arriva il turno degli assegni o dell’acquisto digitale, i quali coprono il 12,2% delle transazioni di queste dimensioni.

Cosa acquistiamo (e come)

Ma in concreto per quale tipo di acquisti si usano di più le carte e per quali di più il contante? Lo vediamo nell’ultimo grafico. La gran parte dei pagamenti avviene per acquisti quotidiani, ovvero presso il panettiere, il supermercato, la farmacia (40,2% di tutti gli scambi) oppure al bar e nei ristoranti (21,6%). Proprio in questi casi trionfa il contante, che viene usato nel 94,4% dei casi se parliamo di spese presso bar e ristoranti, e nell’86,6% se ci riferiamo agli altri acquisti quotidiani.

Le carte assumono una certa importanza quando si va a fare rifornimento dal benzinaio e nel caso di acquisti di beni durevoli (vestiti, elettronica, giocattoli, ecc), dove sono scelte il 29,9% delle volte. Raggiungono la massima percentuale (40,4%) quando si paga l’alloggio in hotel. Tuttavia questo tipo di transazione riguarda solo lo 0,3% di tutti gli scambi.

Se si guarda alle abitudini di pagamento nelle varie regioni italiane, si scopre che è in Trentino Alto Adige, Marche, Abruzzo, Molise, Campania e Calabria che viene preferito il contante, usato tra l’89% e il 94% delle volte. Al contrario è in Lombardia e Toscana che viene utilizzato di meno. Il motivo potrebbe essere la presenza di un’alta percentuale di turisti stranieri sia a Milano che in Toscana. In ogni caso il contante rimane protagonista nell’80-82% di tutti gli acquisti.

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Quanto vale l’evasione fiscale in Italia e in Europa?

Un recente studio ha fatto luce sul fenomeno dell’evasione fiscale in Italia e in Europa. I numeri non sono per nulla confortanti…

Negli ultimi tempi, l’evasione fiscale è entrata prepotentemente all’interno del dibattito politico. Non si tratta però di un problema nuovo. I fenomeni di evasione fiscale esistono sin da quando i governanti impongono tasse ai loro cittadini.

Chi ci segue inoltre su Facebook, avrà sicuramente notato l’infografica postata qualche giorno fa che ritraeva l’evasione fiscale in Europa. Stando ad un recente studio condotto dalla società inglese Tax Research LLP emerge che l’Italia è il primo paese per evasione fiscale in Europa, con circa 190 miliardi di euro di tasse evase.

Per avere un’idea concreta del danno da evasione fiscale per la società, i mancati introiti per lo Stato italiano equivalgono a circa il doppio della spesa pubblica in sanità. Nella classifica dell’evasione fiscale in Europa, dietro all’Italia si piazzano in ordine Germania (125 miliardi), Francia (118 miliardi) e Regno Unito (87 miliardi). In totale, prendendo come riferimento l’anno fiscale 2015, l’evasione fiscale tra i Paesi Membri dell’Unione pesa 824 miliardi di euro. È più di sei volte la dimensione del bilancio annuale dell’UE.

È interessante anche notare come cambia questa classifica se consideriamo il peso che l’evasione fiscale ha sul gettito fiscale. Italia, Germania e Francia sono infatti le tre più grandi economie dell’eurozona e anche per questo motivo il valore assoluto delle tasse evase è molto elevato.

Se ci si sposta in termini relativi, il tax gap dell’Italia, cioè il rapporto tra fisco evaso ed entrate fiscali dello Stato, si attesta al 23,28%. Ciò significa che per ogni euro riscosso dal fisco italiano, si perdono circa 23 centesimi in evasione fiscale.

Peggio di noi soltanto Romania (29,51%), Grecia (26,11%) e Lituania (24,36%). Il paese europeo con il tax gap più basso è invece il Lussemburgo, dove l’evasione fiscale pesa il 7,98% degli introiti statali.

Come abbiamo visto dai numeri, quello dell’evasione fiscale è un problema serio e ben radicato sia in Italia sia in Europa. Gli oltre 800 miliardi di euro che secondo le stime mancherebbero dalle casse degli stati europei, sarebbero risorse di grande beneficio per la ripresa economica in Europa. Ma al di là dell’aspetto economico, l’evasione fiscale genera ingiustizia sociale tra coloro che pagano e coloro che non pagano le tasse e pertanto va combattuta con ogni forma e mezzo.

Pubblicato in: Devoluzione socialismo, Unione Europea

Unione Europea ed i passaporti di oro, venduti sottobanco. Più il resto.

Giuseppe Sandro Mela.

2019-04-06.

Juncker Espresso 5 novembre 2014__

Nulla più del crimine disonesto ama ammantarsi di legalità e giustizia.

Il denaro esercita un richiamo sfacciato ed imperioso ed alla fine chi vi cede ne diventa schiavo. Non ne sarà mai sazio.

L’ingordigia si ingigantisce quasi senza fine, fino ad arrivare al punto di rottura.

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«Cyprus and Malta have made billions of euros from the passport industry.»

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«They have attracted hundreds of wealthy Russians, many of whom were Politically Exposed Persons (PEPs) – people who posed a high risk of money laundering.»

*

«Cyprus sold an EU passport to Russian oligarch Oleg Deripaska who is currently under US sanctions for “malign activities”»

*

«It also offered one to Viktor Vekselberg, another Russian tycoon, who is under US sanctions, but who owns a significant part of Cyprus’ largest bank, the Bank of Cyprus.»

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«Malta sold passports to Alexey Marey, the former CEO of Alfa Bank Russia, the country’s largest private lender; Alexey De-Monderik, a co-founder of Russian cyber security firm Kaspersky Lab; and Alexander Mechatin, the CEO of Beluga Group, Russia’s largest private spirits company.»

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«The schemes have also attracted wealthy Middle Eastern buyers.»

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«The two member states, the only ones which sell their nationality, as well as the 18 others who sell residency permits, were urged to end the practice»

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«The golden passport and visa schemes all too-often acted as “a gateway for money laundering and organised crime” into the EU financial system»

*

«Malta and Cyprus have already sold about 6,000 national and EU passports in “schemes … that potentially pose a high risk to the integrity” of European financial due diligence»

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«these schemes may serve Russian citizens included in the sanctions list adopted after the illegal annexation of Crimea [from Ukraine] by Russia … as a means to avoid EU sanctions,»

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«Denmark, Estonia, Latvia, and the Netherlands played host to “deplorable cases of money laundering” which showed “complete lack of responsibility”»

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«Denmark’s largest lender, Danske Bank, admitted last year that it handled some €200bn of “suspicious” transactions emanating mostly from Russia in the biggest case of its type in EU history.»

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«other crimes in the EU amounted to €110bn a year. »

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Il commercio dei passaporti, il riciclaggio di denaro sporco, ed tutte le altre manifestazioni di una vera e propria criminalità organizzata hanno assunto nell’Unione Europea dimensioni impressionanti: il giro di affari della criminalità supera ampiamente il budget europeo.

«mille miliardi di euro all’anno, tra elusione ed evasione fiscale»

Nessuno venga a dirci che la dirigenza europea ed il corpo burocratico ne fossero all’oscuro.

Significativo è questo titolo, fatto dall’Espresso, la cui dottrina liberal socialista è fuori discussione.

Così Jean-Claude Juncker ha ucciso il sogno dell’’Europa

«Favori giganteschi alle multinazionali. Aiuti ai miliardari. E beffe ai cittadini. Ecco come il numero uno della Commissione ha scatenato il populismo.

Una voragine nei conti dei 28 Paesi dell’Unione europea: mille miliardi di euro all’anno, tra elusione ed evasione fiscale. Multinazionali che non pagano le imposte e smistano decine di miliardi di dollari dei loro profitti, accantonati grazie a operazioni finanziarie privilegiate in Lussemburgo, verso altri paradisi rigorosamente “tax free”. Stati membri dell’Unione che si fanno concorrenza sleale sulle tasse. È disastroso il bilancio che sta lasciando Jean-Claude Juncker, presidente della Commissione europea, nonché ex padre-padrone del Granducato, mentre imbocca l’ultimo anno del suo mandato, in scadenza dopo le elezioni del 2019: il suo viale del tramonto. Ormai ogni giorno il numero uno della Ue deve incrociare i ferri con populisti e sovranisti, pronti a sfidare regole, limiti e vincoli europei. In Italia ad attaccarlo è soprattutto Matteo Salvini, con un avvertimento: «Pensi al suo paradiso fiscale in Lussemburgo». Dove Juncker è stato presidente del Consiglio dal 1995 al 2013 e, già prima, più volte ministro delle Finanze, esordendo con il primo incarico politico nel 1982, ad appena 28 anni. Ed è proprio il Lussemburgo il vero nodo del caso Juncker, di cui ora approfittano i nemici dell’Europa. Il nodo di un paese fondatore della Ue che spinge i ricchissimi a eludere le tasse. ….»

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Pensiamoci bene sopra.

«mille miliardi di euro all’anno, tra elusione ed evasione fiscale»

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Eu Observer. 2019-02-28. Golden EU passports more risky than indicated

The EU substantially watered down its recent warning on golden passport schemes, an investigation has shown.

The European Commission published a report on 23 January on the “security, money laundering, tax evasion and corruption” risks associated with the schemes.

But it left out tougher provisions contained in an earlier draft, seen by the Organised Crime and Corruption Reporting Project (OCCRP), a club of investigative journalists.

This October 2018 draft had proposed “member states should not accept investor scheme applications from persons listed on UN and EU sanctions lists.”

But this was cut from the published text.

The EU commission report also called for “clarity in procedures and in responsibilities” of private firms involved in passport sales to avoid conflict of interest.

But it redacted detailed recommendations on how to do it.

“Intermediaries involved in the handling of applications should not have any decision-making power or screening duties, tasks which should be reserved for government authorities,” the October draft had said.

“They should make publicly available information about those intermediaries and the procedure for selecting them,” the draft had also said.

Bulgaria, Cyprus, and Malta are the only member states that sell EU passports, while several others have golden residency schemes.

The sales are governed by national law, but the October draft indicated that commission lawyers were looking into whether EU legislation could get a hook into the practice.

“Whether such legislation and practice, which permit third country nationals to obtain national citizenship, and hence citizenship of the [European] Union, without requiring any genuine connection to the country, are compatible with Union law is being questioned,” the draft said, according to the OCCRP.

Cyprus and Malta have made billions of euros from the passport industry.

They have attracted hundreds of wealthy Russians, many of whom were Politically Exposed Persons (PEPs) – people who posed a high risk of money laundering.

Cyprus sold an EU passport to Russian oligarch Oleg Deripaska who is currently under US sanctions for “malign activities”.

It also offered one to Viktor Vekselberg, another Russian tycoon, who is under US sanctions, but who owns a significant part of Cyprus’ largest bank, the Bank of Cyprus.

Malta sold passports to Alexey Marey, the former CEO of Alfa Bank Russia, the country’s largest private lender; Alexey De-Monderik, a co-founder of Russian cyber security firm Kaspersky Lab; and Alexander Mechatin, the CEO of Beluga Group, Russia’s largest private spirits company.

The schemes have also attracted wealthy Middle Eastern buyers.

Cyprus sold an EU passport to Rami Makhlouf, a senior member of the Syrian regime, in 2010.

It later rescinded his citizenship when the regime began to massacre its own people in the Syrian war.

Malta also sold 62 EU passports to two billionaire Saudi Arabian families – the Al-Muhaidibs and Al-Agils – in 2018, according to its official gazette.

Bulgaria was less successful, however.

Its justice ministry said in January it had failed to attract enough buyers and would fold its scheme, leaving Cyprus and Malta on their own.

Golden EU passports offer the prospect of free movement of people and their money in the 28 member states, as well as visa-free travel to 160 countries worldwide, including the US.

But Malta’s relations with foreign PEPs ended in tragedy when a car bomb killed Daphne Caruana Galizia, an investigative journalist, in October 2017.

She had alleged that top people in the Maltese government had taken kick-backs from passport sales to Azerbaijan prior to her murder, in a case which remains unsolved.

PEPs also harmed Cyprus’ image, when it emerged that a Russian used a Cypriot firm to fund a far-right party in France and that Ukrainians used a Cypriot bank to pay Paul Manafort, a US lobbyist on trial for Russia-collusion in the 2016 US election.

For Cypriot authorities, neither its passport sales nor its bank probity were at fault, however.

For Maltese leader Joseph Muscat, Caruana Galizia’s corruption allegations were also little more than “dubious” social media “gossip”.

“I’m in a quite horrible situation of having to criticise someone who was killed brutally,” Muscat told British broadcaster the BBC in an interview in January 2018.

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Eu Observer. 2019-03-28. Malta and Cyprus EU passport sales under fire

Malta and Cyprus should end their golden passport schemes, MEPs have said, while sounding an EU-wide alert on Russian money laundering.

The two member states, the only ones which sell their nationality, as well as the 18 others who sell residency permits, were urged to end the practice by MEPs in a plenary vote in Strasbourg on Tuesday (26 March).

The economic benefits of the schemes “do not offset the serious security, money laundering, and tax evasion risks they present” the European Parliament (EP) report said.

Inflows of criminal money served to “weaken” EU “democracies” and “institutions”, it warned.

The EU should also create a joint financial police to go after cross-border money laundering and clamp down on tax avoidance, the wide-ranging proposals added.

The golden passport and visa schemes all too-often acted as “a gateway for money laundering and organised crime” into the EU financial system, Markus Ferber, a German centre-right deputy, who helped draft the recommendations, said.

EU states are not bound to take the ideas forward – and recently diluted related ones from the European Commission.

But the EP report bore the weight of one year of research by a special committee set up in times of mass-scale leaks on financial fraud, bank scandals of vast proportions, and murders of journalists who tried to expose them.

Malta and Cyprus have already sold about 6,000 national and EU passports in “schemes … that potentially pose a high risk to the integrity” of European financial due diligence, the MEPs said.

Both of these, as well as several of the golden residency schemes, “have been used profusely by Russian citizens and by citizens from countries under Russian influence,” they added.

The risk of money-laundering aside, “these schemes may serve Russian citizens included in the sanctions list adopted after the illegal annexation of Crimea [from Ukraine] by Russia … as a means to avoid EU sanctions,” they also said.

Malta looked especially worrying, the MEPs found, because it failed to stop money-laundering by Azerbaijan and Russia in the now-defunct Pilatus Bank and because senior Maltese officials were connected to a shady energy project.

The EP also “noted” that Daphne Caruana Galizia, a Maltese journalist who wrote about the issues, was murdered in 2017 in a crime which remains unsolved.

For their part, Denmark, Estonia, Latvia, and the Netherlands played host to “deplorable cases of money laundering” which showed “complete lack of responsibility”, the MEPs’ findings added.

Denmark’s largest lender, Danske Bank, admitted last year that it handled some €200bn of “suspicious” transactions emanating mostly from Russia in the biggest case of its type in EU history.

It remains to be seen if it will lead to criminal convictions.

But with no joint EU financial watchdog, the European Banking Authority (EBA), an EU agency now moving out of London due to Brexit, is the only European body with a mandate to put pressure on national regulators.

The MEPs highlighted that the “various recent cases of money laundering within the [European] Union are linked to capital, ruling elites, and/or citizens who come from Russia and from the Commonwealth of Independent States (CIS) in particular”.

The CIS also includes Armenia, Azerbaijan, Belarus, Moldova, and four central Asian states.

But inflow of criminal money aside, the MEPs also cited estimates that income generated by corruption, arms and human trafficking, drug dealing, tax evasion, and other crimes in the EU amounted to €110bn a year.

They said VAT fraud cost EU taxpayers up to €147bn a year and aggressive tax planning cost them a further €50bn to €190bn a year.

They also shamed six EU jurisdictions – Belgium, Cyprus, Hungary, Ireland, Luxembourg, Malta, and The Netherlands – for behaving like “tax havens”, which drained income from their EU neighbours.

Transparency International, a Brussels-based NGO, welcomed Tuesday’s vote, saying it was “happy to see that [the EP] … has adopted” its “report on fairer and more effective taxation and tackling financial crimes, including money laundering and risky golden visa schemes”.

The EU commission has voiced similar misgivings to the MEPs.

But the non-binding EP report comes amid resistance from member states to gran EU bodies extra powers over sensitive areas of their jurisdictions.

EU ministers, last Thursday, diluted commission proposals to give the EBA, which currently has just a few staff who specialise in money laundering, a greater oversight role.

“It is irresponsible that EU governments blocked a true European restart for common financial supervision,” Sven Giegold, a German green MEP, said at the time.

All 28 EU states, earlier in March, also blocked commission proposals for enhanced due diligence in bank transactions from Saudi Arabia, Panama, and Libya, among others, in a sign of the mood in EU capitals.

Pubblicato in: Criminalità Organizzata, Finanza e Sistema Bancario

Germania. Una evasione o elusione di tasse per almeno 32 miliardi.

Giuseppe Sandro Mela.

2017-06-12.

Banche 0110

«An international group of bankers, lawyers and stockbrokers – reportedly with links to the City of London – appears to have fiddled the tax system, employing practices which were at best unethical, at worst illegal»

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«Ultimately they may have deprived the state of nearly €32bn (£28bn; $36bn)»

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«In the first type, German banks and stockbrokers bought and sold shares for foreign investors in a way which allowed them to claim a tax refund for which they were not eligible»

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«In the second (a more complicated variation), investors and banks bought and sold shares just before and just after dividends were paid»

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«With a bit of imaginative paperwork, and by exploiting a procedure which allows more than one person or institution to simultaneously own a share, they were able to claim numerous tax refunds»

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Di tutta questa questione si sta occupando la magistratura.

Una considerazione emerge però naturale.

Il mondo economico e finanziario è diventato nel tempo sempre più complesso, ed ha richiesto di conseguenza una legislazione altrettanto complessa.

La globalizzazione ha posto in modo inequivocabile il problema della differenze formali e sostanziali delle leggi che regolano i mercati in ciascuno stato del mondo. Una qualsiasi società multinazionale è in grado di minimizzare il carico fiscale ottimizzando la ripartizione di investimenti ed utili.

Gli stati nazionali singoli sono semplicemente impotenti di fronte a fenomeni di questo tipo.

Se quanto detto è sicuramente vero, altrettanto vero è il fatto che un sistema giuridico troppo complicato espone agli abusi con maggiore probabilità di un sistema semplice e chiaro.

Una tassa flat certamente fa di tutt’erba un fascio, commettendo da alcuni punti di vista anche qualche lieve ingiustizia, ma alla fine risulta essere quasi impossibile eluderla.

Il meglio quasi sempre è nemico del bene.


Bbc. 2017-06-09. Germany fears huge losses in massive tax scandal

It is reckoned to be the biggest tax scandal in German post-war history.

An international group of bankers, lawyers and stockbrokers – reportedly with links to the City of London – appears to have fiddled the tax system, employing practices which were at best unethical, at worst illegal.

Ultimately they may have deprived the state of nearly €32bn (£28bn; $36bn). As the German broadcaster ARD wryly noted, that would have paid for repairs to a lot of schools and bridges.

The newspaper Die Zeit adds that the sum would more than cover the cost of the refugee influx for a year.

Prosecutors have been investigating for some time. And gradually it is emerging that large-scale tax avoidance was taking place right under the noses of the authorities.

And that – in some cases – they turned a blind eye to practices employed, not just by individuals out to make a fortune, but by some of the country’s biggest banks and respected businesses.

Creative accounting

We may never really know the full extent of those practices; largely because they involved fiendishly complex transactions, which German media broadly divide into two kinds.

In the first type, German banks and stockbrokers bought and sold shares for foreign investors in a way which allowed them to claim a tax refund for which they were not eligible. Many question the legality of the practice.

In the second (a more complicated variation), investors and banks bought and sold shares just before and just after dividends were paid. With a bit of imaginative paperwork, and by exploiting a procedure which allows more than one person or institution to simultaneously own a share, they were able to claim numerous tax refunds. The practice was outlawed in 2012.

Whistleblowers

German prosecutors are investigating a number of banks – among them institutions which were bailed out by the state – and individuals.

But in the meantime, a group of German journalists has been researching too, working alongside an expert from the University of Mannheim.

Five EU nations launch tax crackdown

How assets are hidden and taxes dodged

Panama leaks spur global investigations

Their investigations, broadcast on Thursday night, reveal that, despite a warning from State Commissioner August Schäfer in 1992 and the testimony of five whistleblowers, the practices continued and were widespread.

They involved 40 German banks and scores of other financial institutions around the world.

And, as those German reporters reveal, in the end it wasn’t a national authority, a finance minister or the justice system who finally exposed the practice.

It was a young administrative assistant in Germany’s central tax office, who noticed that she was receiving claims for huge tax rebates from a single US pension fund.

Anna Schablonski (a pseudonym) dug further and, despite threats, began to uncover other cases. She is modest about her role – even though 30 colleagues are now dedicated to trying to recover some of the money, and prosecutors are building their cases against some of those involved.

She does not want to be cast as a hero, she says. She was just doing her job.