Pubblicato in: Devoluzione socialismo

M5S. Anche il senatore Dessì lascia il movimento per ‘L’alternativa c’è’.

Giuseppe Sandro Mela.

2021-02-26.

Michelangelo. Giudizio Universale. Il Dannato

«Il Movimento 5 stelle perde un altro pezzo»

«Lascia infatti il senatore Emanuele Lele Dessì, “questa non è più casa mia”, si è sfogato in un post pubblicato sul suo profilo Facebook»

«Non sono mai stato d’accordo nel dare la fiducia a questo governo ma ho voluto, con l’assenza il giorno del voto, dare un ulteriore possibilità di ripensamento, soprattutto a me stesso»

«Lasciare compagni di viaggio a cui voglio un mondo di bene non è facile, 15 anni di storia comune non si cancellano facilmente»

«Forse un giorno ci ritroveremo in qualche battaglia insieme, lo spero, oggi però devo andare via. Questa non è più casa mia»

«Esco dal Movimento 5 stelle con un enorme tristezza nel cuore ma anche con tanta rabbia»

«Alla Camera ha già preso forma  una nuova componente all’interno del gruppo Misto: si chiama “L’alternativa c’è” e conta 13 ex grillini, ma presto potrebbero aggiungersene degli altri»

«Per ora vi aderiscono Massimo Enrico Baroni, Pino Cabras, Andrea Colletti, Emanuela Corda, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero, Maria Laura Paxia, Francesco Sapia, Arianna Spessotto, Rosa Alba Testamento, Raffaele Trano e Andrea Vallascas»

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Essere stati disuniti, anzi conflittuali, ha portato i M5S a far cadere il governo Conte.

Ma la nomina di Mr. Draghi alla carica di Premier ha innescato un processo di ridimensionamento del movimento ed alla formazione de ‘L’alternativa c’è’, che in sede elettorale potrebbe drenare anche un buon 5% al già misero livello  che i sondaggi attribuirebbero al movimento.

Nei fatti, M5S e partito democratico non avrebbero più i numeri per formare un nuovo governo e sono ben poco influenti su quello in carica. Ed anche il loro peso nella elezione del presidente della repubblica non potrà essere condizionante.

È tipico dei processi devolutivi politici l’assistere a fratture insanabili.

Ma se la situazione attuale è critica, quella futura si presenterebbe caratterizzata dalla scomparsa funzionale del blocco delle sinistre.

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M5S, Dessì lascia. Buffagni: “Gestione disastrosa”

L’addio del senatore, che passa alla componente ‘L’alternativa c’è’. Bugani si sfoga: “15 anni di battaglie per diventare costola di Berlusconi”.

Un altro addio nelle file del M5S. Lascia il senatore Emanuele Dessì. “Questa non è più casa mia”, si sfoga su Facebook, e scrive: “Ho sperato fino a ieri che qualcosa potesse cambiare, inutilmente. Non sono mai stato d’accordo nel dare la fiducia a questo governo ma ho voluto, con l’assenza il giorno del voto, dare un ulteriore possibilità di ripensamento, soprattutto a me stesso. Lasciare compagni di viaggio a cui voglio un mondo di bene non è facile, 15 anni di storia comune non si cancellano facilmente”. “Forse un giorno ci ritroveremo in qualche battaglia insieme, lo spero, oggi però devo andare via. Questa non è più casa mia. Esco dal Movimento 5 stelle con un enorme tristezza nel cuore ma anche con tanta rabbia. Nei prossimi giorni ci sarà modo per parlare e per vederci con chiunque abbia voglia di confrontarsi e di continuare a lottare”, conclude

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M5s, lascia anche Emanuele Dessì: “Non è più casa mia”, un altro colpo durissimo per Di Maio

Il Movimento 5 stelle perde un altro pezzo. Lascia infatti il senatore Emanuele Lele Dessì, “questa non è più casa mia”, si è sfogato in un post pubblicato sul suo profilo Facebook. “Ho sperato fino a ieri che qualcosa potesse cambiare, inutilmente”, ha scritto. “Non sono mai stato d’accordo nel dare la fiducia a questo governo ma ho voluto, con l’assenza il giorno del voto, dare un ulteriore possibilità di ripensamento, soprattutto a me stesso”, sottolinea Dessì. “Lasciare compagni di viaggio a cui voglio un mondo di bene non è facile, 15 anni di storia comune non si cancellano facilmente”.

Dessì nutre ancora delle speranze: “Forse un giorno ci ritroveremo in qualche battaglia insieme, lo spero, oggi però devo andare via”, ha continuato. “Questa non è più casa mia. Esco dal Movimento 5 stelle con un enorme tristezza nel cuore ma anche con tanta rabbia. Nei prossimi giorni ci sarà modo per parlare e per vederci con chiunque abbia voglia di confrontarsi e di continuare a lottare”, ha concluso.

Entrerà anche lui nel gruppo dei dissidenti pentastellati? Alla Camera ha già preso forma  una nuova componente all’interno del gruppo Misto: si chiama “L’alternativa c’è” e conta 13 ex grillini, ma presto potrebbero aggiungersene degli altri. Il nome deriva dallo slogan pronunciato dai ribelli in Aula il giorno della fiducia, proprio per esprimere dissenso rispetto al nuovo esecutivo.  Per ora vi aderiscono Massimo Enrico Baroni, Pino Cabras, Andrea Colletti, Emanuela Corda, Paolo Giuliodori, Alvise Maniero, Maria Laura Paxia, Francesco Sapia, Arianna Spessotto, Rosa Alba Testamento, Raffaele Trano e Andrea Vallascas.

L’alternativa c’è, quindi, sarebbe l’unica forza d’opposizione in Parlamento insieme a Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni. E sull’eventualità che sia Alessandro Di Battista a guidare il gruppo dei ribelli, la deputata Paxia si mostra possibilista. “Il suo sarebbe un supporto graditissimo, se vuole dare una mano siamo contenti ma in prima linea ci siamo noi in Parlamento: dobbiamo dimostrare di saper fare opposizione”. 

Pubblicato in: Devoluzione socialismo

M5$. Si preannuncerebbero altre otto espulsioni. Tanto per proseguire.

Giuseppe Sandro Mela.

2020-01-04.

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«E 2 deputati passano al Misto. Il 7 gennaio la pronuncia sui parlamentari che non hanno versato»

«Epifania con espulsioni in vista»

«Trentatré persone nel mirino dei probiviri, otto candidati quasi sicuri dell’espulsione»

«Il 7 gennaio a Roma: quel giorno è stato convocato un super vertice che vedrà impegnati gli organi del Movimento e i capigruppo.»

«Nel mirino i parlamentari in ritardo con le restituzioni»

«Sarebbero in tutto otto i parlamentari (sei deputati e due senatori) a rischio cacciata, quindici su cui pende la spada di Damocle di una sospensione e dieci a cui invece spetterebbe «solo» un richiamo.»

«Alla Camera solo sei non hanno restituito nulla nel 2019. Sono Nicola Acunzo, Nadia Aprile, Santi Cappellani, Flora Frate, Paolo Romano, Andrea Vallascas»

«A Palazzo Madama alcuni «ritardatari» hanno provveduto a versare ma non hanno ancora rendicontato: sono Cristiano Anastasi (28.000 euro), Deledda Bogo (24.000 euro), Luigi Di Marzio (30.000 euro). Al vaglio rimangono le posizioni, su tutti, di Mario Michele Giarrusso (molto critico in questi giorni con i vertici) e di Alfonso Ciampolillo, già nel mirino dei probiviri qualche mese fa.»

«Le regole vanno rispettate, la restituzione non è un optional, è un impegno preso dal primo giorno in cui abbiamo messo piede in Parlamento. È anche uno dei motivi per cui milioni di italiani ci hanno dato fiducia …. Chi non lo fa …. non rispetta loro, non rispetta il Movimento e non rispetta soprattutto i nostri attivisti: grazie alla loro smisurata passione, al loro incessante lavoro, il Movimento è al governo del Paese»

«I vertici del Movimento hanno preferito trincerarsi in una chiusura pregiudiziale nelle proprie granitiche convinzioni …. Non è più tollerabile una gestione verticistica e oligarchica …. Angiola e Rospi erano due uninominali scelti e calati dall’alto che ora si lamentano della gestione verticistica…. Fino alla befana sarà guerra interna senza pietà».»

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Quanto sta accadendo nel movimento cinque stelle sarebbe fatto interno di quel partito solo se esso non fosse anche al governo della nazione: in tal caso diventa problema di interesse nazionale.

Tutte queste continue e contrastanti metamorfosi, questa ridda di abbandoni e cacciate, vanno a minare il bene più prezioso che un partito possa avere: la fiducia nella sua compagine e nella sua dirigenza.

Nella scelta dei candidati al parlamento la dirigenza del M5S ha errato in modo grandioso la scelta delle persone, senza tener conto che alla fine i problemi non risolti in sede di scelta dei candidati si sarebbero manifestati in seno al parlamento, con tutte le conseguenze del caso.

Similmente, resta viva la legittima suspicione che alle divergenze delle linee politiche auspicate sussistano anche severi problemi comportamentali. Gran parte degli eletti è priva del senso di dignità della carica ricoperta.

Ma se persone e movimento sono inaffidabili, viene meno anche il legame fiduciale insito nel voto; nessuno intende dare carta bianca a quanti non se la meritino.

A questo punto si evidenziano due ordini di problemi.

Il primo, immanente, è quello di cercare di comprendere come possa evolvere la situazione attuale.

Il secondo, di lungo termine, verte la sopravvivenza futura del movimento cinque stelle.

Non è un caso che nelle dieci competizioni elettorali regionali lega e centrodestra abbiano costantemente vinto le elezioni. Merito sicuramente della dirigenza, ma verosimilmente più per demerito degli avversari.

Nota Importante.

La fiducia e l’affidabilità sono beni impalpabili che alla fine governano ogni comportamento umano. Si spendono anni per conseguirle, basta un attimo per perderle.

Cercheremo di spiegarci meglio con un esempio.

Chi prende un taxi ha la ragionevole fiducia che il conducente abbia almeno la patente di guida, che conosca la strada, che non lo porti a perdere. Nel converso, il tassista nutre la ragionevole fiducia che il cliente non lo pugnali alle spalle e che gli onori il servizio con cartamoneta legale, non falsa.

Senza fiducia nessun rapporto umano potrebbe sussistere.

Ragionevole fiducia: nessuno dice di fidarsi ciecamente. Ma senza fiducia non si va da nessuna parte.

Ed il movimento cinque stelle ha dilapidato proprio questo capitale, facendo promesse impossibili da essere mantenute da parte di eletti fatiscenti. Si è giocato la base elettorale, gli Elettori, per un piatto di lenticchie.

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La diaspora del Movimento 5 Stelle. Un vertice per decidere otto espulsioni

E 2 deputati passano al Misto. Il 7 gennaio la pronuncia sui parlamentari che non hanno versato.

Epifania con espulsioni in vista. La mannaia «intimata» dai vertici Cinque Stelle sta per abbattersi sul gruppo parlamentare. Trentatré persone nel mirino dei probiviri, otto candidati quasi sicuri dell’espulsione. La svolta? Il 7 gennaio a Roma: quel giorno è stato convocato un super vertice che vedrà impegnati gli organi del Movimento e i capigruppo.

Il summit

Al tavolo nella capitale si siederanno con Davide Crippa e Gianluca Perilli sia i tre componenti del collegio dei probiviri (Raffaella Andreola, Jacopo Berti e Fabiana Dadone) sia i tre del comitato di garanzia (Giancarlo Cancelleri, Vito Crimi e Roberta Lombardi). Nel mirino i parlamentari in ritardo con le restituzioni. Diverse le sanzioni da irrogare a seconda anche delle «lacune» e della tempistica. Sarebbero in tutto otto i parlamentari (sei deputati e due senatori) a rischio cacciata, quindici su cui pende la spada di Damocle di una sospensione e dieci a cui invece spetterebbe «solo» un richiamo.

I nomi

A scorrere l’elenco dei pentastellati presenti su tirendiconto.it è facile tracciare l’identikit dei papabili «candidati» all’espulsione. Il sito, infatti, è in corso di aggiornamento. Molti parlamentari hanno sanato la loro posizione e in diversi si affannano per rendere noto il nuovo status «in regola». Alla Camera solo sei non hanno restituito nulla nel 2019. Sono Nicola Acunzo, Nadia Aprile, Santi Cappellani, Flora Frate, Paolo Romano, Andrea Vallascas. A Palazzo Madama alcuni «ritardatari» hanno provveduto a versare ma non hanno ancora rendicontato: sono Cristiano Anastasi (28.000 euro), Deledda Bogo (24.000 euro), Luigi Di Marzio (30.000 euro). Al vaglio rimangono le posizioni, su tutti, di Mario Michele Giarrusso (molto critico in questi giorni con i vertici) e di Alfonso Ciampolillo, già nel mirino dei probiviri qualche mese fa.

I contatti

Luigi Di Maio continua a monitorare la situazione da vicino. Ieri il capo politico ha sentito di nuovo Beppe Grillo e Davide Casaleggio dopo i crescenti rumors sulle frizioni interne e su eventuali sponde tra Alessandro Di Battista e Gianluigi Paragone. Il leader del Movimento ha anche parlato con il premier Giuseppe Conte rassicurandolo che i Cinque Stelle non attenteranno alla stabilità del governo. Ed esiste già una bozza di road map dell’esecutivo: il 9 o il 10, quindi dopo le nuove probabili fuoriuscite Cinque Stelle, è probabile un summit governativo.

Il ministro

Il tema delle rendicontazioni tiene banco comunque nell’esecutivo. «Le regole vanno rispettate, la restituzione non è un optional, è un impegno preso dal primo giorno in cui abbiamo messo piede in Parlamento. È anche uno dei motivi per cui milioni di italiani ci hanno dato fiducia», dice al Corriere Alfonso Bonafede. «Chi non lo fa — prosegue il Guardasigilli — non rispetta loro, non rispetta il Movimento e non rispetta soprattutto i nostri attivisti: grazie alla loro smisurata passione, al loro incessante lavoro, il Movimento è al governo del Paese».

Il caso

L’altra nota dolente è il capitolo che riguarda Gianluigi Paragone. Il senatore espulso (che fino al tardo pomeriggio di venerdì non ha presentato ricorso al Comitato d’appello del M5S) è sul piede di guerra. Ed è pronto a dare a battaglia: va in tv a «Stasera Italia», attacca Di Maio e si lamenta dell’incompatibilità — dato che è stato espulso per la mancata fiducia all’esecutivo giallorosso — per la presenza di esponenti di governo negli organi di garanzia del Movimento. Poi precisa: «Io e Alessandro Di Battista non organizziamo scissioni». Sul senatore il giudizio di Bonafede è netto. «Non si può pensare di alzare il dito medio al Movimento e continuare a farne parte. Non è una questione personale, con Gianluigi ci siamo confrontati tante volte perché non ero d’accordo col suo modo di fare, di andare ogni giorno in tv per parlare contro il Movimento, gliel’ho anche detto in faccia». E conclude: «Ha ragione Luigi (Di Maio, ndr) questa è anarchia, non pluralismo. Ognuno può esprimere la sua opinione, ma poi la maggioranza va rispettata. Stiamo lavorando per cambiare il Paese, è una missione che dobbiamo compiere per tutti gli italiani che credono e hanno creduto in noi».

La giornata

Intanto ieri, però, il Movimento ha perso altre due pedine. I deputati Gianluca Rospi e Nunzio Angiola hanno lasciato in polemica il gruppo M5S per approdare al Misto. «I vertici del Movimento hanno preferito trincerarsi in una chiusura pregiudiziale nelle proprie granitiche convinzioni», dice Angiola. «Non è più tollerabile una gestione verticistica e oligarchica», accusa Rospi. Di Maio non commenta pubblicamente, ma — parlando con i suoi — si lascia scappare una frecciatina: «Angiola e Rospi erano due uninominali scelti e calati dall’alto che ora si lamentano della gestione verticistica». Il clima nel gruppo rimane rovente. I governisti si preparano alla battaglia: «Fino alla befana sarà guerra interna senza pietà». Poi sarà la volta della scure dei probiviri.