Pubblicato in: Criminalità Organizzata, Devoluzione socialismo

Palamara. Chiesto il processo disciplinare. Nomi e cognomi.

Giuseppe Sandro Mela.

2020-06-26.

Champagne__

Ci si è dovuti occupare già da tempo di quel venerabile uomo che è il giudice Luca Palamara.

Palamara ed amante. ‘Da Ibiza a Favignana, abbiamo vissuto sette anni nel lusso’

Palamara santo subito. Sarebbe più candido di san Luigi Gonzaga.

«I processi pilotati.

Durante la perquisizione a casa di Palamara è stato trovato un elenco di fascicoli già inviati in tribunale o in corte d’Appello con alcune annotazioni a mano. Per il primo si parla della sostituzione di una giudice; su un altro è scritto: «Questa è fondamentale che la rigetti»; su un terzo: «Questa è l’ultima che ti ho dato». E adesso sarà la Guardia di Finanza a dover verificare se gli interventi siano effettivamente andati a buon fine»

Csm, Palamara e sodali. È solo la punta dell’iceberg.

ANM. Ancora Intercettazioni. Vertici dimissionari.

CSM. Gran bell’ambientino! Il caso Palmara.

Bufera sulle Procure. Favori a Palamara, anche Centofanti indagato

Ex Ilva. Chi governa è la magistratura. I politici son meno che pezze da piedi.

Ex Ilva. Chi governa è la magistratura. I politici son meno che pezze da piedi.

CSM. Elezioni. D’Amato vince su Di Matteo.

Csm. Magistrati. Stipendio medio 142,554 euro l’anno.

Giudice Riccardo Fuzio se ne va. Primo di una lunga lista.

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Mah! Chissà come si potrebbe definire quella simpatica riunione tenuta all’Hotel Champagne, dove nove magistrati amici si sono riuniti anche a nome dei loro relativi amici per decidere le sorti dell’Italia. Già. Chi governa le procure ed i tribunali processa chi vuole e condanna chi vuole. La giustizia è usata come arma impropria.

Sembrerebbero essere parole dure?

«La potenza dei magistrati? Leggete di questo caso.

– Nel 1991 sulla base delle dichiarazioni del pentito Rosario Spatola, il sostituto procuratore di Trapani Francesco Taurisano aprì un procedimento contro Mannino per rapporti con la mafia.

– Nel 2001 Mannino è assolto in primo grado perché il fatto non sussiste.

– L’assoluzione viene impugnata dal pubblico ministero e la corte d’appello di Palermo, nel maggio 2003, lo riconosce colpevole di concorso esterno in associazione mafiosa fino al 1994, e condanna Mannino a 5 anni e 4 mesi di reclusione.

– Nel 2005 la corte di cassazione annulla la sentenza di condanna riscontrando un difetto di motivazione, rinviando ad altra sezione della corte d’appello.

– Il 22 ottobre 2008, riprendendo la sentenza di primo grado, i giudici della seconda sezione della corte d’appello di Palermo assolvono Mannino perché il fatto non sussiste.

– La procura generale di Palermo in seguito impugna l’assoluzione, facendo ricorso in Cassazione.

– Il 14 gennaio 2010, la corte di cassazione assolve definitivamente l’ex ministro democristiano.

– Il 24 luglio 2012 la Procura di Palermo, con il Pm Antonio Ingroia ha chiesto il rinvio a giudizio di Mannino e altri 11 indagati. In tale inchiesta Mannino è accusato di violenza o minaccia verso un corpo politico dello Stato.

– Il 4 novembre 2015 il giudice dell’udienza preliminare di Palermo, Marina Petruzzella assolve Mannino dall’accusa a lui contestata per “non aver commesso il fatto”

– Sentenza di assoluzione confermata, in appello, il 22 luglio 2019.»

Orbene: la magistratura ha incapsulato per ben trenta anni Mannino, reo di aver cercato di contrastare politicamente gli allora egemoni.

Adesso dovrebbe essere più chiara la importanza della riunione tenuta all’Hotel Champagne.

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«L’ira dell’Anm: da lui soltanto falsità»

«È finito sotto i riflettori ma non è credibile che il problema sia solo lui»

«E ora su Luca Palamara, espulso sabato dall’Anm che aveva guidato e passato all’attacco dei colleghi, piovono minacce di querele»

«Palamara, ex consigliere del Csm, captato da un trojan (nell’ambito di un’indagine della procura di Perugia che non è ancora arrivata all’udienza preliminare) venne sorpreso all’Hotel Champagne mentre trattava con i renziani Luca Lotti e Cosimo Ferri, e altri colleghi consiglieri, nomine di incarichi direttivi di uffici importanti come la procura di Roma»

«comincia a fare i nomi»

«A partire da Eugenio Albamonte, suo successore all’Anm»

«Il primo a minacciare querele per le allusioni di Palamara relative a cene con l’ex presidente dem in commissione giustizia, Donatella Ferranti («in cui dubito si parlasse di calcio»). Pronto a ricorrere agli avvocati anche il segretario Anm, Giuliano Caputo, secondo Palamara inserito nel sistema di correnti che decideva le nomine»

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«Il pg Salvi: «Il caso Palamara ha segnato un punto di non ritorno. Agiremo con massima trasparenza per voltare pagina»»

«È molto grave l’accusa ipotizzata dal procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, nei confronti di Luca Palamara e altri nove magistrati collegati alla riunione sulle nomine all’Hotel Champagne»

«A finire davanti al «tribunale delle toghe» oltre a Palamara, sotto inchiesta a Perugia, già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio, I cinque ex consiglieri del Csm, dimessisi dopo lo scandalo: Antonio Lepre, Luigi Spina, Gianluigi Morlini, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli; l’ex pm della Dna Cesare Sirignano; l’ex pm di Roma Stefano Rocco Fava; due magistrati segretari del Csm (per uno di questi la richiesta di giudizio disciplinare è già stata avanzata in precedenza)»

«Ma sono molti altri i magistrati le cui affermazioni nelle chat di Palamara passeranno al vaglio del pool della procura generale, coordinato dal procuratore aggiunto Luigi Salvato e dall’avvocato generale Piero Gaeta»

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Intanto, a due anni dai fatti, l’indagine della procura di Perugia non è ancora arrivata all’udienza preliminare.

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Caso Palamara, chiesto processo disciplinare per l’ex presidente dell’Anm e altri nove

Coinvolti anche gli ex togati del Csm Corrado Cartoni, Paolo Criscuoli, Antonio Lepri, Gianluigi Morlini, Luigi Spina e altri. Il pg Salvi: «Il caso Palamara ha segnato un punto di non ritorno. Agiremo con massima trasparenza per voltare pagina».

Interferenza nell’esercizio delle attività di organi costituzionali. È molto grave l’accusa ipotizzata dal procuratore generale della Cassazione, Giovanni Salvi, nei confronti di Luca Palamara e altri nove magistrati collegati alla riunione sulle nomine all’Hotel Champagne. Il titolare dell’azione disciplinare ha chiuso la prima fase dell’istruttoria. Ora sarà il Csm a valutare, al termine di una sorta di processo pubblico, se meritano la sanzione prevista per quell’incolpazione che può essere anche la più grave.

I nomi

A finire davanti al «tribunale delle toghe» oltre a Palamara, sotto inchiesta a Perugia, già sospeso dalle funzioni e dallo stipendio, I cinque ex consiglieri del Csm, dimessisi dopo lo scandalo: Antonio Lepre, Luigi Spina, Gianluigi Morlini, Corrado Cartoni e Paolo Criscuoli; l’ex pm della Dna Cesare Sirignano; l’ex pm di Roma Stefano Rocco Fava; due magistrati segretari del Csm (per uno di questi la richiesta di giudizio disciplinare è già stata avanzata in precedenza).

Autorizzazione della Camera per Ferri

Per Cosimo Ferri, magistrato in aspettativa ora in Parlamento con Italia Viva è stata chiesto alla disciplinare del Csm di avanzare alla Camera la richiesta di autorizzazione per utilizzare le conversazioni del deputato intercettate. «Per altri l’autorizzazione non è necessaria. Per Ferri sì».

«Massima trasparenza»

Ma sono molti altri i magistrati le cui affermazioni nelle chat di Palamara passeranno al vaglio del pool della procura generale, coordinato dal procuratore aggiunto Luigi Salvato e dall’avvocato generale Piero Gaeta. Ma il lavoro sarà svolto con «la massima trasparenza» ha assicurato il pg Salvi inaugurando un sistema innovativo: i criteri «chiari e trasparenti» saranno resi pubblici. «Possiamo sbagliare di sottovalutazione o sopravvalutazione ma l’obiettivo, anche a garanzia degli incolpati, è la trasparenza». Secondo Salvi il caso Palamara ha »segnato un punto di non ritorno» e ora nella magistratura tutta è forte il desiderio di «voltare pagina»

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Le accuse di Palamara non sono finite. Altri colleghi nel «sistema incarichi».

L’ira dell’Anm: da lui soltanto falsità. Ma adesso la politica va in pressing: riforme sempre più urgenti. L’ex ministra Giulia Bongiorno (Lega): «È finito sotto i riflettori ma non è credibile che il problema sia solo lui».

Zitto, come auspicava l’Associazione nazionale magistrati, non c’è stato. E ora su Luca Palamara, espulso sabato dall’Anm che aveva guidato e passato all’attacco dei colleghi, piovono minacce di querele. Ne parlano diversi magistrati coinvolti dall’ex pm nella chiamata di corresponsabilità nell’affaire delle nomine pilotate. Palamara, ex consigliere del Csm, captato da un trojan (nell’ambito di un’indagine della procura di Perugia che non è ancora arrivata all’udienza preliminare) venne sorpreso all’Hotel Champagne mentre trattava con i renziani Luca Lotti e Cosimo Ferri, e altri colleghi consiglieri, nomine di incarichi direttivi di uffici importanti come la procura di Roma. Convinto di aver «sbagliato» ma «mai da solo» comincia a fare i nomi. A partire da Eugenio Albamonte, suo successore all’Anm. Il primo a minacciare querele per le allusioni di Palamara relative a cene con l’ex presidente dem in commissione giustizia, Donatella Ferranti («in cui dubito si parlasse di calcio»). Pronto a ricorrere agli avvocati anche il segretario Anm, Giuliano Caputo, secondo Palamara inserito nel sistema di correnti che decideva le nomine.

«Non vediamo cosa ci sia di diffamatorio nelle dichiarazioni del nostro assistito. Sarà comunque un’occasione di chiarimento», obiettano i legali Benedetto e Mariano Marzocchi Buratti. « Piuttosto ci si dovrebbe seriamente interrogare sul trattamento ricevuto dal dottor Palamara, privato di difesa e di come il trojan non abbia carpito nulla di rilevante». «Palamara mente», accusa una nota dell’Anm. Quel diritto di difesa gli è stato dato «di fronte ai probiviri». Non è stato sentito dal direttivo di sabato, si precisa, «perché lo statuto non lo prevede».

La prende meglio, invece, uno dei probiviri tirati in ballo: Giuseppe Amato. Secondo Palamara «nel 2016 venne nominato procuratore di Bologna secondo i meccanismi di cui tanto si parla oggi. Fermo restando il suo indiscusso valore». «Non ce l’ho con lui, né con nessuno. Ma sono stato proposto all’unanimità, e votato all’unanimità: questo è il fatto che meglio dimostra come non ci fosse accordo di alcun tipo». In controtendenza, Amato contesta «chi vede solo lottizzazione nel Csm. Al contrario — dice — i parametri sono ben scadenzati e vedono il coinvolgimento di tutti, compreso il ministro della Giustizia che deve dare il suo concerto».

Ma le «rivelazioni» di Palamara non sono finite. E rendono più urgente, per la politica, accelerare sulle riforme. «Nei prossimi giorni credo si debba riflettere su una seria riforma del disciplinare dei magistrati, sottraendolo al Csm ed istituendo un’apposita corte che si occupi di tutte le magistrature. Credo sia utile lavorare a una legge costituzionale che vada in questa direzione coinvolgendo tutte le forze parlamentari», scrive su Facebook l’ex ministro della Giustizia, e ora vicesegretario pd, Andrea Orlando.

Il centrodestra attacca. «L’espulsione di Palamara dall’Anm è un buon segnale,ma non basta» dice Giorgia Meloni (FdI), chiedendo le dimissioni immediate di tutti i magistrati coinvolti nello scandalo e un sorteggio per le nomine al Csm. Giulia Bongiorno (Lega) difende l’ex consigliere Csm: «È corretto quello che dice: i riflettori sono accesi su di lui ma è poco credibile che il problema riguardi solo Palamara». E Fabrizio Cicchitto (ReL) chiosa: «Adesso manca solo far passare Palamara per matto. La verità è che il trojan è stato messo per boicottare la scelta di Viola a procuratore di Roma e non per scoprire episodi di corruzione mai esistiti di Palamara».

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