Pubblicato in: Banche Centrali, Devoluzione socialismo, Unione Europea

Eurozona. Il cigno nero della stagflazione volteggia come un avvoltoio.

Giuseppe Sandro Mela.

2020-04-22.

Cigni Neri 001

Di questi tempi si sono abbattuti sull’eurozona, in modo sincrono, una serie impressionante di fatti negativi.

L’eurozona era entrata da circa un anno in una fase di stagnazione recessiva, complicata da una crisi politica sostenuta almeno in parte dalla parcellizzazione partitica che aveva impedito di avere governi forti; poi si sono aggiunti lo shock petrolifero ed i ridimensionamenti borsistici che hanno quasi dimezzato le capitalizzazioni; ed infine è arrivata in fase florida la pandemia da Covid-19.

Non solo.

La banca centrale europea si era dissanguata nella gestione della crisi del 2008 e gli stati nazionali, tranne la Germania, non hanno approfittato del periodo di interessi negativi per mettere in atto riforme strutturali con riduzione dei debiti sovrani, vera e propria palla al piede degli stati.

Come conseguenza della pandemia, per arginare il contagio, sono stati decretati periodi di quarantena e di segregazione: provvedimenti mandatori, ma che hanno lasciato senza la possibilità di lavorare più di un terzo delle imprese e relativi lavoratori.

Istat. Memoria sottoposta alla V Commissione del Senato.

«- sono stati fermati 7.926 milioni di lavoratori;

– sono rimasti attivi 15.434 milioni di lavoratori impiegati in attività economiche che producono 512 miliardi di euro di valore aggiunto, ossia i 2/3 del totale, ed il 53.1% delle esportazioni totali;

– gli effetti econometrici saranno evidenti dai dati relativi al secondo trimestre.»

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Questa inedita emergenza sociale ed economica spinge, correttamente, i governi ad elargire aiuti immediati, cash, alle imprese ed ai lavoratori in difficoltà. Senza aiuti finanziari le imprese fallirebbero ed i lavoratori andrebbero incontro alla fame.

La miscela di tutte queste evenienze lascia sempre più probabile l’avvento di una stagflazione, già vissuta dall’Europa negli anni settanta, sebbene in forma significativamente più lieve.

«In economia, con il termine stagflazione (combinazione dei termini stagnazione ed inflazione) si indica la situazione nella quale sono contemporaneamente presenti nello stesso mercato sia un aumento generale dei prezzi (inflazione), sia una mancanza di crescita dell’economia in termini reali (stagnazione economica).

La stagflazione è un fenomeno presentatosi per la prima volta alla fine degli anni sessanta, prevalentemente nei paesi occidentali, in particolar modo in Italia; precedentemente inflazione e stagnazione si erano invece sempre presentate disgiuntamente. La contemporanea presenza di questi due elementi mise in crisi la teoria di John Maynard Keynes (e le successive teorie post-keynesiane) che, per oltre 30 anni, era stata la spiegazione più convincente per l’andamento dei sistemi economici, oltre che valido strumento di politica economica per i governi di paesi ad economia di mercato. ….

Dal momento che la teoria keynesiana non era in grado di spiegare correttamente questo nuovo fenomeno, molti economisti e varie dirigenze politiche occidentali superarono la “ricetta” keynesiana, che fino ad allora era riuscita a gestire validamente i fenomeni presenti nelle economie di mercato, ritornando alle convinzioni della teoria economica classica. ….

Una proficua lotta alla stagflazione è particolarmente complessa, in quanto per diminuire la spinta inflazionistica le Banche Centrali dovrebbero ridurre la massa di moneta circolante e, indirettamente, contenere la domanda di beni e servizi; ma una diminuzione della domanda causata da scarsità della massa monetaria non favorisce la crescita economica e quindi il rientro della disoccupazione. Rispetto agli anni ’70, oggi il fenomeno della stagflazione viene mitigato dalla mancata rincorsa prezzi/salari, ovvero ad un aumento dei prezzi, soprattutto petrolio e materie prime, non corrisponde automaticamente un adeguamento inflattivo delle richieste salariali che vengono condizionate dalla possibilità per le imprese di esportare sempre di più la produzione in paesi che hanno un costo del lavoro nettamente inferiore.

Questa tendenza a sua volta riduce la possibilità di contrattare eventuali aumenti salariali nei paesi più sviluppati riportando in equilibrio il mercato del lavoro e quindi senza produrre un ulteriore peggioramento del tasso d’inflazione. A questo punto una politica monetaria restrittiva risulta inefficace e quindi occorre agire piuttosto su quella fiscale, con una sensibile riduzione della spesa corrente ed una corrispondente riduzione della pressione fiscale, unico strumento efficace per stimolare i consumi e perciò la domanda aggregata di beni e servizi.» [Fonte]

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La ripresa, se mai potrà accadere, sarà lunga, difficile, e molto tribolata. E non è per nulla detto che possa avvenire solo dopo un default.