Giuseppe Sandro Mela.
2017-11-05.
Di questi tempi si fa un gran parlare del sexual harassment, considerato dai media come infamante reato, ben peggio del peculato o delle lesioni personali.
Cerchiamo di fare un tentativo di chiarimento.
Intanto, il sexual harassment non è violenza carnale.
Art. 609 bis codice penale (cp).
«Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni. ….
Nei casi di minore gravità la pena è diminuita in misura non eccedente i due terzi»
Il punto allora diventa la definizione di cosa si debba intendere per “atto sessuale“.
«Atti espressione di un appetito o di un desiderio sessuale, che quindi riguardano zone erogene differenti, idonei al contempo ad invadere la sfera sessuale del soggetto passivo mediante costringimento. Vi rientrano dunque diverse tipologie di atti, dal momento che il legislatore ha adottato una definizione onnicomprensiva, sostitutiva di quella vigente in precedenza e che era incentrata sulla distinzione tra congiunzione carnale (intesa come qualsiasi forma di compenetrazione corporale che consenta il coito o un equivalente abnorme di esso), ed atti di libidine violenti (intesi come ogni forma di contatto corporeo diversa dalla penetrazione, che, per le modalità con cui si svolge, costituisca inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale).»
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Il reato di violenza sessuale spazia quindi dal coito in senso stretto fino a contatti corporei che costituiscano “inequivoca manifestazione di ebbrezza sessuale“.
Il sexual harassment definisce invece un comportamento a connotazione sessuale che leda la dignità della persona umana, senza incorrere in quanto previsto dall’art. 609 bis cp.
Art. 660 cp.
«Chiunque, in un luogo pubblico o aperto al pubblico, ovvero col mezzo del telefono, per petulanza o per altro biasimevole motivo, reca a taluno molestia o disturbo è punito con l’arresto fino a sei mesi o con l’ammenda fino a cinquecentosedici euro»
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Consideriamo adesso due articoli della Costituzione.
Art 25.«Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso»
Art 27. «L’imputato non e’ considerato colpevole sino alla condanna definitiva».
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Tenendo presente quanto su detto, possiamo adesso fare qualche considerazione.
– La denuncia di un atto potenzialmente criminoso non costituisce sentenza cassata: la Costituzione in questo è inequivocabile.
– Una cosa è la denuncia regolarmente sporta alla Magistratura, e da questa ammessa alla discussione in aula, ed una totalmente differente una qualche lamentela espressa ai media.
– Perché dalla denuncia si possa passare alla constatazione di avvenuto reato è necessario produrre prove probanti: testimoni, referti medici, documenti atti a dimostrare al di là di ogni ragionevole dubbio che il fatto sia avvenuto, e che si sia svolto così come riferito in denuncia. La sola denuncia di parte non costituisce di per sé prova.
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Se la produzione di prove è difficile per il reato di violenza, ancor di più lo è nel caso di molestie.
Non solo.
Di questi tempi ci si trova di fronte a denuncie di sexual harassment, ancorché informali, avvenuti anche decine di anni prima.
È del tutto evidente come sia virtualmente impossibile produrre prove probanti del fatto a distanza così grande nel tempo.
Inoltre, per i reati, tranne quelli condannabili all’ergastolo, è prevista la prescrizione.
Per i codici italiani la “prescrizione estingue il reato decorso il tempo corrispondente al massimo della pena edittale stabilita dalla legge e comunque un tempo non inferiore a sei anni se si tratta di delitto e a quattro anni se si tratta di contravvenzione“.
Di conseguenza, anche qualora comprovate in modo irrefutabile, le denuncie relative a fatti avvenuti sei anni prima dovrebbero essere cadute in prescrizione.
«La molestia non conosce prescrizione invece in Gran Bretagna (unico paese europeo a non prevederla per reati sessuali, al pari dei reati più gravi), mentre negli Stati Uniti c’è un tempo limite per le denunce di “harassment”, che va da 180 a 300 giorni a seconda dello Stato, e tre anni a livello federale.» [Fonte]
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Questi sintetici chiarimenti dovrebbero aver reso evidente come queste continue accuse di sexual arassment altro non siano che tentativi, spesso riusciti con la complicità dei media, di azione violenta politica o, molto spesso, a scopo estorsivo di un “risarcimento“.
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Nota.
Le molestie sono punite con una ammenda fino a centosei euro.
Immaginate ora una persona che vi denunci perché trenta anni asserendo di avevri prestato centosei euro che voi mai avreste rifuso.
Prescrizione nel diritto civile.
«Modo generale di estinzione dei rapporti fondato sull’inerzia – per un certo periodo di tempo previsto per legge – del soggetto titolare del diritto.
La prescrizione si differenzia dalla decadenza (artt. 2964–2969) in quanto:
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nella prima si fa riferimento alle “condizioni soggettive” del titolare del diritto, mentre nella seconda rileva il dato oggettivo del mancato esercizio del diritto;
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nella prescrizione si considera il tempo come “durata”, nella decadenza come “distanza”;
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la prescrizione risponde ad un’esigenza di ordine pubblico, mentre la decadenza può tutelare anche un bisogno privato.» [Fonte]
4 pensieri riguardo “Sexual harassment. L’ultima arma per neutralizzare i nemici.”
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